L’ineleggibiltà della Le Pen? Una buccia di banana. A dirlo è uno che non è sospettabile di lepenismo né di russofilia. Per Antonio Di Pietro la sentenza di primo grado delle toghe francesi nei confronti della leader del Rassemblement National è stato un autogol, non tanto per la condanna, quanto per la pena che mette Marine Le Pen alla porta, ma che – secondo Di Pietro – porterà ora grande beneficio alla sua parte politica.
Politica e mazzette: c’è differenza
“Andiamo con ordine. Innanzitutto, anche questa volta, come sempre, io rispetto le sentenze. Poi si può anche non condividere, ma rispettarle in ogni senso.
Stabilito questo, io che ho fatto Mani pulite e ho scoperto Tangentopoli di allora, allora c’erano le tangenti, vale a dire le mazzette di soldi che le persone con la scusa di fare politica si prendevano per sé. La vicenda, così come è raccontata finora, la vicenda Le Pen, è di una persona che non ha preso soldi per sé per arricchirsi. Quei soldi che il Parlamento europeo le dava come attività parlamentare, lei li ha utilizzati come attività politica. A me riesce difficile dividere l’attività politica dall’attività parlamentare, perché un parlamentare europeo viene eletto nel suo paese e nel suo paese fa politica.
Quando quindi va in un posto, quando quindi si sposta o compra la stampante piuttosto che la carta, lo fa come attività politica o come attività parlamentare? Quindi il caso Le Pen è un caso limite in cui formalmente la legge viene rispettata, la sentenza va rispettata, ma a mio avviso avrei aspettato la fine di tutti i processi, anche del secondo grado, perché in questo modo si finisce per travisare quella che è la competizione elettorale, paradossalmente a favore dello stesso partito della Le Pen, perché capite che fare una ineleggibilità anzitempo, visto che è facoltativa, finisce per far dire quel che stanno dicendo tuttora: che è una persecuzione. E’ chiaro che se si ragiona con la pancia lo si vede così”.
Io personalmente rispetto quei magistrati, ritengo che le sentenze si possono rispettare, ma in questo caso come in tanti altri casi anche alcune decisioni che ho preso io sono poi state corrette nei successivi gradi di giudizio. Mai come in questo caso a mio avviso sarebbe stato più opportuno discostarsi dalla partita politica perché adesso è falsata e addirittura è falsata a favore di chi ha avuto il provvedimento giudiziario, perché non riguarda una mazzetta, riguarda un uso del denaro del parlamentare per attività politica”.
Qui l’intervista ai microfoni di Stefano Molinari.