È un terremoto politico senza precedenti quello che scuote la Francia: Marine Le Pen, volto simbolo della destra francese, è stata condannata a quattro anni di reclusione, di cui due con braccialetto elettronico, e dichiarata ineleggibile per cinque anni. La sentenza, emessa dal Tribunale di Parigi, segna la fine della sua corsa verso l’Eliseo e getta un’ombra sul futuro del Rassemblement National (RN), il partito che ha guidato per decenni.
L’accusa è grave: appropriazione indebita di fondi europei. Tra il 2004 e il 2016, il RN avrebbe utilizzato milioni di euro destinati agli assistenti parlamentari per finanziare attività interne al partito. Un “sistema organizzato”, come lo hanno definito i giudici, che ha coinvolto altri 23 imputati tra politici ed ex collaboratori del Front National.
Le Pen ha denunciato la sentenza come un attacco politico, paragonandola alle pratiche dei regimi autoritari. Tuttavia, l’ineleggibilità immediata impedisce ogni possibilità di candidarsi alle presidenziali del 2027: un provvedimento che deve fare i conti col passato.
Perché?
Visti reati e sentenze ben più gravi che hanno colpito altri membri dell’establishment europeo, e considerato che mai arrivò una sentenza di tale durezza, è difficile spiegare perché sia un provvedimento super partes.
E’ di qualche mese fa lo scandalo Pfizergate: caso che ruota attorno ai negoziati per l’acquisto di vaccini anti-Covid da parte dell’Unione Europea, un accordo multimiliardario che ha visto la presidente della Commissione europea impegnata in trattative dirette con Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer. Secondo le indagini condotte dalla Procura europea (EPPO), emergono sospetti di interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di SMS, corruzione e conflitto di interessi.
Il cuore dello scandalo riguarda uno scambio di messaggi tra von der Leyen e il CEO di Pfizer Bourla, rivelato inizialmente dal New York Times. Questi messaggi, mai resi pubblici dalla Commissione e forse cancellati, avrebbero avuto un ruolo cruciale nella definizione del contratto per 1,8 miliardi di dosi di vaccino Pfizer-BioNTech, dal valore complessivo di circa 20 miliardi di euro. La mancanza di trasparenza ha sollevato interrogativi sulla gestione del negoziato e alimentato le critiche da parte di governi come quelli di Ungheria e Polonia.
Nel luglio 2024 è anche la condanna per la Commissione: il reato è la mancanza di trasparenza nei contratti dei sieri anticovid, una fallacia che ha coinvolto miliardi di fondi pubblici ma per la quale nessuna ineleggibilità è stata prevista.
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