In un recente editoriale sul Corriere della Sera, ho letto un pericoloso invito dell’onorevole Mario Monti alla necessità di una maggiore integrazione europea in materia di difesa. Egli critica quelle che definisce “convulsioni politiche” che ostacolerebbero il rafforzamento dell’Unione.
In sostanza, secondo Monti, chi non la pensa come lui e come coloro che governano l’Unione Europea dovrebbe restare in silenzio. Una deriva pericolosissima, chiaramente non democratica. L’ex presidente del Consiglio sostiene che solo un’Europa più unita e coesa – e, aggiungo io, che non consente il dissenso – potrà affrontare le grandi sfide geopolitiche attuali, anche a costo di limitare temporaneamente il consenso democratico su temi complessi, come ad esempio la difesa. Chiamiamolo con il suo nome: guerra.
Stiamo parlando, quindi, di una limitazione della democrazia. Definire “convulsioni” le divergenze democratiche è un’idea pericolosissima, che richiama scenari di ottant’anni fa. Monti sembra promuovere un approccio elitario e tecnocratico, lo stesso che io contestai anni fa proprio nei suoi confronti.
L’idea che l’Italia debba subordinarsi in silenzio all’asse franco-tedesco per non finire isolata rappresenta una rinuncia non solo alla sovranità strategica, ma anche a quella democratica e ai principi stessi della democrazia. Noi non siamo d’accordo con questa prospettiva. Il rischio è quello di tornare indietro di parecchi decenni, in un contesto che sembra preludere a un’altra guerra. Che vi siano tensioni è innegabile, ma questo scenario appare eccessivo.
L’opinione di Monti, a mio avviso, è chiaramente non democratica. Egli porta due esempi a sostegno della sua tesi: l’ingresso dell’Italia nell’euro e la gestione europea della crisi del 2011. Ma davvero questi possono essere considerati esempi virtuosi dell’Unione Europea? Al contrario, sono stati modelli di fallimento: stagnazione economica, crisi finanziaria e mancanza di democrazia politica.
Non dimentichiamo, inoltre, che il governo Berlusconi – pur non essendo di mio gradimento – fu rovesciato in modo non democratico, attraverso pressioni finanziarie e tecnocratiche internazionali.
Infine, Monti fa riferimento a Trump e alla sua politica economica, preannunciata già in campagna elettorale e per la quale è stato votato. Forse non convenzionale, ma di certo indicativa di una direzione chiara: quella di un mondo con meno squilibri commerciali.
Monti, invece, sembra auspicare regole del gioco unificate e, soprattutto, una riduzione della democrazia e del dissenso democratico rispetto a queste regole.
Una deriva pericolosissima, onorevole Monti.
Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi