“Il primo ministro Netanyahu a Budapest, il luogo più sicuro d’Europa. Benvenuto in Ungheria, primo ministro!“. Così il Premier ungherese Orban su X, postando un’immagine dell’incontro di giovedì con il suo corrispettivo israeliano.
Ha fatto discutere, e non poco, la visita di Netanyahu nella Repubblica magiara. Sul primo ministro dello stato medio-orientale pende infatti un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale, emesso lo scorso novembre, con l’accusa grave di crimini di guerra e crimini contro l’umanità a Gaza.
Ma a dispetto di quanto stabilito dallo Statuto di Roma (pilastro normativo della Corte, che l’Ungheria ha sia firmato che ratificato ufficialmente), all’arrivo del premier israeliano non c’è stato alcun arresto. Al contrario, il comitato d’accoglienza è stato più che cordiale.
Orban: “L’Ungheria è l’unico paese dell’UE su cui Israele può realmente contare“
Viktor Orban, che con Benjamin Netanyahu condivide non solo le posizioni politiche, ma anche un grande rapporto di amicizia (tanto che i media ungheresi li hanno descritti come “fratelli spirituali“), ha ribadito la sua totale solidarietà a Israele, condannando l’operato della stessa CPI: “Sono stato il primo ministro che ha firmato il documento di adesione alla Corte penale internazionale e ora ho firmato il documento per il ritiro. Il motivo è che è diventato un tribunale politico. L’Ungheria è l’unico paese dell’UE su cui Israele può realmente contare, a differenza di un Europa occidentale in cui l’antisemitismo ha toccato livelli mai visti nella storia recente“.
Non si è fatta attendere, ovviamente, la reazione della CPI: “L’Ungheria è tenuta a cooperare, avendo l’obbligo giuridico e la responsabilità (nei confronti degli altri stati aderenti) di far rispettare le decisioni della corte“. Anche l’Assemblea dei 125 Stati Parte dello Statuto di Roma, (l’organo legislativo della Corte), tramite la voce della sua presidenza, ha voluto sottolineare il suo disappunto: “La decisione di ritirarsi offusca la ricerca condivisa di giustizia e indebolisce la nostra determinazione nella lotta alle impunità“.
Orban-Netanyahu – La figura di Trump e un’Ungheria sempre più sola e lontana da Bruxelles

Al di là delle singole opinioni di ciascuno, il fatto che la politica europea (e internazionale nel suo complesso) sia sempre più frammentata, è ormai un qualcosa di assodato. E questa vicenda ne è l’ennesima dimostrazione. Secondo quanto riportato dall’ANSA, in un colloquio telefonico da Budapest, il premier israeliano e Orban avrebbero parlato con Donald Trump della decisione dell’Ungheria di ritirarsi dallo Statuto di Roma, oltre ai “prossimi passi” da seguire in merito al dossier.
Non si tratta certamente di un aspetto banale. In primis, perché già a Febbraio il Presidente americano aveva ribadito la sua posizione pro-Israele attaccando direttamente la CPI con delle sanzioni ufficiali. In secondo luogo, perché questa questione è solo un’altra delle innumerevoli divergenze fra Trump e l’Unione Europea (almeno per quanto riguarda i suoi vertici).
Lo scorso 7 febbraio, infatti, Ursula Von Der Leyen aveva apertamente difeso la funzione della Corte con un post sui suoi account social: “La Cpi garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale“.
USA e UE mai così lontani; ma anche nel Vecchio Continente andare d’accordo sembra impossibile
Tutto questo si aggiunge in un contesto dove, dai Dazi americani fino alla gestione del conflitto fra Russia e Ucraina, fra i 2 poli principali del mondo occidentale regna ormai il caos totale. Una varietà di visioni che, tra l’altro, non riguarda solamente l’asse fra USA e Vecchio Continente, ma anche i rapporti fra gli stessi Stati membri.
Basta vedere le diverse posizioni su materie essenziali come ReArm Europe o la guerra russa-ucraina. Se da un lato, infatti, in merito alla possibilità di inviare truppe sul territorio, si hanno paesi intransigenti come Francia e Regno Unito, dall’altra si registrano pareri molto più scettici o contrari come quelli dell’Italia o la stessa Ungheria.
E questo vale ovviamente anche per il caso Netanyahu. In Germania, sulla vicenda, ha avuto modo di esprimersi anche il Cancelliere Olaf Scholz: “Non posso immaginare che ci possa essere un arresto nel nostro paese“. Direzione seguita anche dal suo probabile successore, Friedrich Merz, che ha già dichiarato di voler trovare il modo di ricevere Netanyahu a Berlino senza infrangere il diritto internazionale.