L’Italia scopre il fascino del bunker: “Così si vince la paura della guerra”. Sembra il titolo di un capitolo di 1984 di George Orwell, è invece un articolo comparso nei giorni scorsi a lettere cubitali su La Repubblica, rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico.
Il rotocalco ci spiega con zelo che vi è un record di richieste per farsi costruire ricoveri in casa, e le aziende prosperano. Addirittura pare che in Veneto si stia affermando una nuova tendenza: far costruire bunker condominiali nei quali poter sopravvivere in caso di emergenza bellica per diversi giorni. Dal fascino dei debunker a quello dei bunker il passaggio è stato repentino nel quadro dell’ordine dominante.
Ci permettiamo di rilevare che il fascino del bunker è in fondo lo stesso di quello dei lockdown e dell’infame tessera verde: misure folli e demenziali, che tuttavia vengono elevate a scelte cool, dense di fascino dai menestrelli dell’ordine dominante, i quali, come sempre, sono specializzati nel celebrare la splendente razionalità delle sciagure e di tutto quel che fa quotidianamente soffrire le masse popolari ilotizzate e suppliziate dalla globalizzazione turbocapitalistica. A quanto pare, la strategia “fobopolitica“, tesa a terrorizzare la popolazione con la propaganda martellante di un’imminente aggressione da parte della Russia, sta producendo i suoi primi frutti degni di nota.
Non è difficile immaginare che gli stessi che ora subiscono il fascino del bunker siano quelli che, tre anni fa, con ebete euforia, si rinserravano in casa per settimane in regime di confinamento domiciliare coatto e ritenevano che fosse una misura salvifica, o addirittura si precipitavano a scaricare dalla rete l’infame tessera verde per poter beneficiare in tal guisa della libertà autorizzata da parte del leviatano tecno-sanitario. Se ne possono a nostro giudizio ricavare due considerazioni almeno.
In primo luogo, si va sempre più verso una società di lockdown generalizzato, giustificato ora con le ragioni sanitarie, ora con quelle belliche. Il risultato resta invariato. La popolazione terrorizzata evita il contatto sociale, si rinserra nella propria sfera privata e rinunzia spontaneamente alla propria libertà in nome della sicurezza messa a repentaglio dall’emergenza, reale o presunta. Si assiste così alla privatizzazione della società, all’eliminazione della sfera pubblica, all’espulsione dell’altro, al dominio della logica individualistica del «si salvi chi può».
In secondo luogo, la paura si conferma, more solito, una strategia politica di primaria importanza per i gruppi dominanti, i quali hanno buon giuoco nel terrorizzare al grado massimo la popolazione per poi poterla amministrare a proprio piacimento. Il suddito terrorizzato è disposto a fare letteralmente tutto pur di mettere in sicurezza la propria esistenza, dichiarata in pericolo dall’ordine discorsivo dominante. L’emergenza trasforma in necessario ciò che nella normalità appare inverosimile.
L’abbiamo detto e vogliamo nuovamente sottolinearlo ad nauseam. La Russia non intende invadere l’Europa, anche perché, se avesse voluto farlo, l’avrebbe già fatto da tempo, senza attendere stoltamente il riarmo dell’Europa stessa. È l’Europa che sta invece provocando in ogni modo la Russia, quasi come se volesse alla fine farsi davvero aggredire per avere il casus belli. La propaganda insensata dell’imminente invasione russa serve soltanto a mettere in movimento le strategie governamentali prima evocate e, naturalmente, a potenziare oltremisura l’industria bellica, magari riconvertendo la produzione in crisi delle automobili teutoniche in produzione di carri armati e strumenti bellici. Nell’epoca in cui si parla ininterrottamente di immunità di gregge, vogliamo allora ribadire l’importanza della immunità dal gregge.
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