La leggenda neoliberista racconterà di crisi violente, continue, poi c’è stata la pandemia e via discorrendo, che creano uno stato d’animo sufficiente a far accettare la perdita di diritti delle persone, che in condizioni di normalità non sarebbero mai accettate.
La condizione del cittadino di vivere una crisi, a prescindere dal fatto che essa lo sia, è fondamentale. Da tempo scrivo e affermo che negli ultimi decenni non ci sia stata nessuna presunta crisi, tantomeno finanziaria. Ma solo il cambiamento pianificato e deliberato del sistema economico. Tale cambiamento ha avuto origini non finanziarie ma economiche, dunque alla base ci sono state cause morali.
Io sostengo qui due concetti. Il primo è che essere convinti di vivere in un’epoca di crisi ci fa accettare delle cose che in condizioni di normalità non accetteremo mai, per esempio la perdita delle libertà individuali, la limitazione del diritto di parola e di pensiero, la censura.
La seconda cosa è che questa presunta crisi, per esempio la crisi finanziaria del 2008, non c’è stata alcuna crisi finanziaria. C’è stato un cambiamento pianificato e deliberato del sistema economico, che per esempio nel decennio prima aveva deciso di unire banche di affari e di investimento con le banche che danno credito a famiglie e imprese.
Quello che vi sto cercando di dire è attenzione: questa chiave di lettura della crisi economica ci fa pensare di essere continuamente in uno stato di precarietà. Ci impedisce di ragionare in termini oggettivi. E soprattutto ci distoglie dal vero problema: creare posti di lavoro e investire nell’economia reale. Se voi ascoltate i politici, stanno solo parlando di soluzioni finanziarie: Recovery Fund, Coronabond e tutte queste sigle che in realtà mascherano termini che la gente non può capire.
Malvezzi Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi