Ho riflettuto lungamente prima di rendere pubbliche le riflessioni che seguono e che hanno per oggetto la tragedia della funivia in Piemonte, consumatasi nei giorni scorsi. Tragedia che ha lasciato attonita l’Italia tutta, sempre pronta a piangere i morti più che a prevenirli.
Il primo moto d’animo, non lo nascondo, è stato l’ira: quell’ira che, ricordava Seneca, è sempre nemica della ragione e che bene sarebbe tenere a bada. Dopo l’ira, però, è venuta la riflessione a sangue freddo, riflessione che mi ha portato alle considerazioni che seguono.
Anzitutto, non si dica che è una tragedia dovuta alla natura e al fato: che è, poi, il classico modo per deresponsabilizzare e spostare l’attenzione dalle colpe umane a quelle presunte della natura o, più in là ancora, dell’essere. Fin dal terremoto di Lisbona del 1755 si discute se, negli eventi di portata tragica, la responsabilità sia umana o naturale.
Concordo con Rousseau, il quale sosteneva la colpa essere in massima parte umana: colpa dell’uomo che, nel caso del terremoto, costruisce in modo spesso sconsiderato e non prende le giuste misure preventive; colpa dell’uomo, nel caso della funivia, che non pone in essere le condizioni affinché le tragedie non si consumino.
Il vero punto della questione sta in questo: nel fatto che la società odierna è disposta a sacrificare tutto, perfino la vita, sull’altare del profitto privato e delle logiche illogiche dell’arricchimento egoistico. Salvo poi ricordarci senza posa, con ipocrisia lampante, che la vita e la salute sono i beni più preziosi: lo sono, è evidente, quando si può anche su di essi fare profitto.
Erano stati fatti tutti i controlli necessari? E la manutenzione opportuna? Si era davvero fatto tutto il possibile, affinché non si dessero le condizioni di possibilità per un simile evento con esito catastrofico? La verità, difficilmente confutabile, è che la tragedia umana della funivia in Piemonte è immagine plastica dell’Italia e, più in generale, del mondo a forma di merce che abbiamo prodotto: un mondo in cui tutto, compresa la vita dei più, è funzionale al profitto di pochi.
È l’immagine di un’umanità che, felice e inconsapevole, viaggia con immotivata fiducia a bordo del mezzo che la porterà al tracollo, a precipitare nell’abisso senza ritorno. Ebbene, se siamo a bordo della funivia, come dicevo, è bene adoperarsi, finché siamo in tempo, di modo che l’esito non sia catastrofico. Il vero gesto rivoluzionario, direbbe Benjamin, sta nel tirare con gesto risoluto il freno d’emergenza.
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro