Il Palazzo Pirelli di Milano ha ospitato questa mattina il convegno dal titolo “TV, istituzioni e politica, l’informazione al tempo dei social“. Ospiti provenienti da tutta Italia ed esperti di giornalismo e comunicazione si sono alternati nel raccontare la loro esperienza e il loro punto punto vista sul tema. Lo scopo era quello di rispondere ad alcune domande: com’è cambiata l’informazione, e in particolare l’informazione politica, con i Social Network? I media tradizionali hanno accusato il colpo o hanno preso il nuovo mezzo come un’opportunità? In rappresentanza di Radio Radio è intervenuto sul postoFabio Duranti.
“Il like è un indice di gradimento che vale anche più del voto” – Angelo Palumbo
“Se è vero che la politica è la base della democrazia, allora è anche vero che senza tutti quei mezzi che diffondono l’informazione politica anche la democrazia verrebbe meno”. Questo l’assunto con cui il consigliere regionale di Forza Italia Angelo Palumbo ha avviato la conversazione. Nell’epoca in cui ormai l’indice di gradimento si esprime più con i like che con i voti, finisce per spostarsi anche l’asse di affidabilità dell’informazione. Non più ‘è vero ciò che dice la TV’, ma ‘è vero ciò che dice quel politico’.
Ma cosa è cambiato nella narrazione? E’ l’intervento di Giorgio Simonelli a contestualizzare e fare un po’ di chiarezza.
“Media tradizionali, politica e nuovi media, un triangolo in cui si rischia di affondare” – Giorgio Simonelli
Il passaggio dal vecchio al nuovo si palesa, secondo lo storico conduttore ed esperto di comunicazione, attraverso tre grandi cambiamenti: il capovolgimento del rapporto tra TV e politica, la disintermediazione e il bipolarismo. Un tempo la comunicazione politica si basava su “partiti che sottoponevano i loro rappresentanti a una serie di domande da parte dei giornalisti“. Il loro ruolo era appunto quello di rappresentare un’ideologia o una linea politica. Piano piano la rappresentazione è stata abbandonata in favore della personalizzazione: è il personaggio cioè che fa il partito e non viceversa.
Questa personalizzazione abbinata alle nuove capacità tecnologiche ha poi permesso che non fosse più necessario passare da comunicati stampa o conferenze per dare comunicazioni, poiché ormai ciascun politico agisce direttamente e autonomamente. Mezzi come dirette Facebook e Twitter diventano centrali nella comunicazione politica e lasciano ai comunicati un ruolo puramente complementare e per certi versi anche marginale.
L’ulteriore, e fondamentale, cambiamento sta poi nella perdita dei poli opposti di destra e sinistra, il bipolarismo appunto. La contrapposizione, osserva Giorgio Simonelli, era quasi comoda per i media di un tempo: si poteva essere contro oppure a favore, ma nulla di più. Adesso invece la realtà politica è totalmente frammentata. Il futuro, osserva poi, sta proprio nell’impegno e nella ricerca di nuovi schemi, format e formule.
“La comunicazione politica in bilico tra dati inaffidabili e pensiero unico dei gruppi main stream” – Fabio Duranti
Partendo proprio dalle riflessioni di Giorgio Simonelli, Fabio Duranti, osserva: “I Social Network hanno messo da parte conferenze e comunicati stampa in favore di comizi continui, inarrestabili e senza interlocuzione“. Oggi cercare di dare delle risposte a un pubblico che più che mai ne abbisogna è praticamente impossibile. Basti pensare al fatto che non esiste intervento (politico e non) che non abbia almeno uno o più contraddittori. I grandi gruppi main stream cioè si fondano su una logica di pensiero unico e non di risposta verso il pubblico. La differenza principale tra presente e passato, osserva ancora Fabio Duranti, sta proprio nel fatto che una volta si poteva quantomeno aspirare alla “creazione di un mezzo che potesse contrastare questi pensieri unici”.
A questo poi si aggiunge il totale abbandono e la totale fiducia del pubblico (e di chi fa comunicazione) nei confronti di dati e numeri del tutto inaffidabili. Il numero cioè è diventato un mantra. Visualizzazioni, percentuali, click, like: scegliamo di dare credibilità a dati che in quanto digitali si possono alterare, contraffare e manipolare in modo semplicissimo. “Costruire dei mezzi di comunicazione sulla e attraverso la rete è giustissimo – conclude – ma senza il supporto della vecchia tecnologia si rischia, soprattutto se si parla di politica, di vedere il lavoro frantumato”.
“Le web-star non hanno seguito sulla TV e i personaggi della TV non fanno ascolti da web-star” – Fabio Ravezzani
Sollevato durante l’intervento dell’esperta di web marketing Elisa Serafini e ripreso poi dal giornalista e conduttore Fabio Ravezzani, il tema dell’impermeabilità tra Web e TV ha fatto molto riflettere. Come osservato dal giornalista Alan Patarga, una penetrazione dal punto di vista dei contenuti effettivamente c’è, ma non si può dire lo stesso in riferimento ai singoli mezzi. Ciascuno cioè continua a viaggiare su binari differenti e i tentativi di mixaggio hanno anche dato risultati fallimentari. Tipi di pubblico diversi? Probabile, ma rimane il fatto che questa impermeabilità è anche ciò che può garantire al pluralismo dei mezzi di comunicazione una vita media un po’ più lunga di quanto si possa pensare.
Gli ospiti
Insieme al nostroFabio Duranti, sono intervenuti Patrizia Cavallin di Radio Otto FM TV, il consigliere regionale di Forza Italia Angelo Palumbo, il conduttore ed esperto di comunicazione Giorgio Simonelli, l’esperta di marketing e blogger Elisa Serafini, il giornalista di Libero Stefano Bini, il giornalista e blogger Cristiano Bosco, Fabio Ravezzani del gruppo Mediapason, Paolo Liguori e Alan Patarga di Mediaset e Paolo Pardini di TGR Lombardia.