La potenza del mito sta anche nel fatto che ci trasmette sapere e conoscenze del mondo diverse da quelle che ci vengono trasmesse da un sapere oggi imperante e addirittura mutato in dogma qual è quello della scienza.
Con ciò non si intende sostenere che la scienza sia irrilevante o di secondaria importanza, ma si nega il fatto che essa sia il solo sapere degno e rispetto al quale tutti quanti debbano arretrare. Prendiamo allora in esame il mito di Anteo e vediamo quanto abbia ancora da insegnare all’uomo contemporaneo.
Anteo è il re di Libia, figlio di Posaidone e Gea, la Terra. È un gigante alto 60 braccia, circa 110 metri, abita in una grotta nella valle del fiume Bagrada, presso Zama, si nutre di carne di leone ed è praticamente invincibile fin tanto che resta a contatto con sua madre, la Terra, la quale madre Gea gli restituisce ogni volta la forza. Dante Alighieri anche cita Anteo nella Divina Commedia.
Che cosa apprendiamo dalla vicenda di Anteo? Egli ad un certo punto della sua vicenda viene a guerreggiare con il possente Ercole, il più forte degli eroi. Anteo riesce a non farsi battere, tale e tanta è la sua forza. Ogni volta che Ercole lo scaraventa a terra, Anteo riconquista vigoria grazie al contatto con la Terra, la Madre che gli restituisce le forze. Dopo una lunga lotta Ercole riesce ad avere le meglio e vi riuscì allorché scoprì lo stratagemma, sollevò Anteo dalla terra e a quel punto riuscì a sconfiggerlo.
Il mito parla anche di noi, a patto che sappiamo ascoltarlo. Parla di noi dacché la de-territorializzazione, prodotto dalla civiltà delle tecnica, per vincerci ci strappa dall’elemento tellurico delle radici e dei territori, dalle appartenenze dei luoghi e delle comunità, proprio come Anteo, la globalizzazione ci strappa le nostre radici.
La società liquida, come la chiamava Bauman, prova in ogni modo a privarci del contatto con l’elemento terragno. Per questo se vogliamo non essere sopraffatti è quel contatto con la terra, quel nesso vivente con la cultura materiale, con i legami e le appartenenze delle comunità che dobbiamo difendere: difendere chi siamo è il nostro radicamento, è questo il presupposto per non essere travolti e spazzati via. Dobbiamo ricordare che la Terra è Terra madre che ci permette di vivere radicati nel territorio e nelle solide radici.
Chi ha solite radici non ha davvero motivo di temere il vento, anzi può perfino permettersi di andare contro vento
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro