Solo qualche settimana dopo aver ascoltato dei dibattiti parlamentari in cui si parlava di una sorta di darwinismo sociale, in sostanza l’opportunità di lasciare fallire, da parte dello Stato, le aziende meno performanti, ho avuto l’occasione di leggere un documento, scritto più di un anno fa dal Gruppo dei 30, Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid, con particolare menzione per il nostro attuale presidente del Consiglio, Mario Draghi.
Allora ho compreso chiaramente, perché chiaramente è scritto, il messaggio evolutivo della religione neoliberista, lo stato non dovrebbe intervenire in economia salvo per accompagnare alla morte le piccole imprese, ree di non essere in grado di rinnovarsi e ristrutturarsi come invece sanno fare le aziende corporate.
Quello che sta passando è che negli anni 70′-80′ lo stato interveniva direttamente con finanze agevolate in economia e fondi economici destinate al tessuto delle piccole e medi imprese italiane. Questo processo è andato avanti negli anni 90′ poi è iniziato un progressivo sganciamento. Oggi sta passando il concetto opposto, cioè dobbiamo occuparci del settore corporate.
Il fatto che i 30 più grandi banchieri del mondo abbiano scritto quel documento e che uno degli autori centrali di quel documento, Mario Draghi, diventi presidente del Consiglio italiano non mi fa specie che l’impostazione sia al tutela del mondo corporate. Il messaggio che io do ai liberi professionisti italiani e ai commercialisti è quello di fare squadra, di fare rete.
I problemi di un’azienda famigliare non possono essere gestiti con le stesse metodologie delle aziende corporate che magari possono permettersi di emettere un prestito obbligazionario o di fare operazioni di finanza strutturata. Da un punto di vista di politica economica dico che è necessario cambiare squadra, dall’altro molto pragmaticamente dico ai liberi professioni facciamo rete per dare risposte alle piccole imprese italiane.
Malvezzi Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi