Non l’abbiamo scoperto certamente in una serata di Champions di fine febbraio: per lui parlano i numeri, fantasmagorici tanto nella massima rassegna continentale per club quanto nella Eredivisie.
Il fatto è che, anche se una declinazione calcistica del marziano di Flaiano fisse atterrato per caso sugli spalti dell’ Estádio da Luz di Lisbona, senza nulla sapere di lui, direbbe di Sébastien Haller, un metro e novanta centimetri di opportunismo miscelati alla qualità delle esecuzioni, ciò che da tempo dice chi ha assistito anche soltanto a un paio di sue partite: sa sempre cosa fare non solo “col” pallone, ma anche “rispetto al” pallone, come se fosse un domatore di rimbalzi, dando la sensazione che a volte sia la sfera a seguire lui, non il contrario.
Il che gli consente anche il lusso di sbagliare un gol fatto, che nel suo caso diventa peccato veniale; oppure, di tentare di sventarne uno degli avversari, realizzando poi uno sfortunato autogol, ma dimostrando di essere sempre nel vivo dell’azione, quale che sia la porta.
Ventisette anni: sbocciato forse un pelino tardi a una definitiva regolarità ad alti livelli? Forse, ma preferiamo celebrare i meriti di Erik Ten Hag, che grazie agli automatismi del suo gioco lo sta utilizzando come meglio non si potrebbe.
E, come al solito quando c’è di mezzo l’Ajax con i suoi cartellini dei prezzi: “Venghino siòri, venghino!”. Chi può, ovviamente.
PROF. PAOLO MARCACCI