La denuncia di Paragone in Senato sul Super Green Pass ▷ “È come se avessimo sostituito i nostri nomi con un quadrato magico”

Nelle scorse ore il Senato ha rinnovato la fiducia al Governo dando il via libera alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19. In parole povere si tratta dell’introduzione dell’obbligo di vaccino per i lavoratori, già approvato dalla Camera dei deputati. All’inizio della discussione nell’aula di palazzo Madama il
senatore Gianluigi Paragone (Italexit) ha presentato una questione pregiudiziale: il Green Pass rafforzato viola il principio costituzionale di eguaglianza, lede il diritto fondamentale al lavoro, è in contrasto con il regolamento europeo perché esclude immotivatamente il tampone antigenico dalle tre condizioni per il rilascio del certificato verde. La norma, oltre ad essere discriminatoria e irrazionale, genera anche situazioni paradossali: persone che possono partecipare a manifestazioni contro la guerra, non possono accedere al luogo di lavoro.

Signor Presidente, nemmeno ventiquattr’ore fa eravamo avvolti in un dibattito nel quale l’Europa era centrale, quanto a importanza politica, in uno scenario delicato qual è quello del conflitto in Ucraina. L’Europa era al centro di ogni intervento; è stata richiamata, è stata invocata ed è stata persino spinta a darsi una maggiore consistenza, sotto il profilo politico.

Voi conoscete benissimo le mie posizioni rispetto all’Europa e all’Unione europea. Avendo messo in piedi un partito che si chiama Italexit, non ho una grande considerazione del progetto europeo o unionista, ma mi rifaccio e mi rimetto sulla scia delle vostre parole, anche per costruire un pezzo della questione pregiudiziale. Se infatti è vero che, ancora una volta, questo Parlamento si ritrova a fare i conti con l’abuso della decretazione d’urgenza; e se, ancora una volta, questo Parlamento si ritrova a fare i conti con le tante questioni di fiducia e i tanti voti di fiducia, è altresì importante richiamare lo scollamento che c’è tra la normativa italiana e quella europea e, quindi, con quell’Europa di cui continuate in un certo senso a invocare il rispetto e la costruzione.

Attraverso la decretazione d’urgenza è stata costruita praticamente tutta l’impalcatura normativa dell’emergenza Covid, ma a un certo punto anche qualche altro soggetto, l’Unione europea, stava tentando di dare una risposta normativa che rendesse omogenei gli interventi dei Paesi membri dell’Unione europea. Tra questi vi è il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea n. 953 del 2021. Proprio andando nelle pieghe di tale Regolamento, e in particolare dell’articolo 3, che, ai commi 1 e 7, vieta la discriminazione con riferimento al possesso di uno dei tre tipi di certificazioni verdi (guarigione, vaccino, tampone rapido o molecolare), ritenendo equivalente dal punto di vista scientifico il certificato verde derivante dal tampone antigenico a quelli comprovanti la vaccinazione o la guarigione, dobbiamo capire che una cosa esclude l’altra: il super green pass o green pass rafforzato toglie uno dei tre elementi con cui finora abbiamo costruito un pezzo anche della nostra emergenziale vita quotidiana. Da qui il succo della questione pregiudiziale, che è un nodo innanzitutto politico che poniamo – lo ripeto – ma che sta diventando anche di carattere sociale. Ci pare, infatti, difficile riuscire a immaginare i giorni futuri e il periodo futuro stando ancora nella dinamica di una continua esibizione, di una continua ostensione, di un QR code, di un codice, di un green pass. È quasi come se avessimo sostituito i nostri nomi e le nostre carte d’identità con un quadrato magico.

Penso che questo non sia in linea con l’addensante della Costituzione, che è ben più che la somma degli articoli, è un qualcosa che mette l’individuo al centro. Proprio alla luce del citato Regolamento, ritengo che il decreto che andiamo a discutere sia scollato, sia in antitesi, sia penalizzante.

Da qui, invito i colleghi a fare una riflessione su che cosa vogliamo scegliere, a questo punto. Vogliamo battere o meno la via della soluzione italiana, nazionale, per uscire dall’emergenza, come mi sembra nello spirito di quest’Assemblea? Ripeto che lo dice uno che non crede nell’Unione europea, ma che deve fare i conti con i regolamenti e con le normative esistenti. Quindi, sta a voi la scelta di dire se il Regolamento dell’Unione europea ha o meno un senso; a maggior ragione se tale indicazione arriva dentro il Regolamento che, tra le norme e gli atti normativi dell’Unione europea, è il più forte e il più vincolante in tutte le sue parti.

Allora, perché continuiamo ad andare avanti su una strada che non solo non impatta più sulla vita di oggi, perché non siamo assolutamente più nell’emergenza di un tempo, ma che, da un punto di vista normativo, va a sbattere con quanto indica il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea? È un green pass rafforzato che rischia di essere indebolito proprio alla luce di questa conflittualità.

Mi rimetto anche a un altro ordine di considerazioni, forse un po’ più politico, ma che sta ancora una volta dentro la Costituzione, che non prevede in alcun modo la discriminazione tra gli individui. È bello che le piazze italiane si siano animate – prima e non solo – di manifestazioni contro il green pass, perché il dissenso è concesso e ce lo permetteremo. Dico, però, che è anche bello che le piazze italiane si stiano riempiendo al grido di: no guerra, sì pace.

Ben vengano tutta questa confluenza e tutta questa partecipazione larghissima di persone. Sono sicuro che in quelle piazze si troveranno persone che magari non avrebbero partecipato insieme a manifestazioni contro il green pass. E potrebbe accadere che il sabato e la domenica vadano insieme in piazza a dire no alla guerra, e poi, il lunedì, qualcuno sarà discriminato, perché non in possesso del green pass rafforzato, e quindi sarà escluso dal lavoro, da un suo diritto costituzionale.

Ovviamente, mi auguro che lo scenario di guerra vada a concludersi nel più breve tempo possibile. Ma, se così non fosse, com’è sacrosanto il diritto dei cittadini di dire no alla guerra, lo è altresì il fatto di denunciare la paradossale situazione per cui mi ritrovo a dire no alla guerra e sì alla pace, a stare insieme in piazza con tante altre persone, e magari il lunedì a non poter andare a lavorare, perché sono stato penalizzato. E quella penalizzazione è esclusa dal Regolamento dell’Unione europea.

Trovo ugualmente paradossale – a maggior ragione nell’ambito di una situazione di emergenza – il fatto che un lavoratore privo del super green pass rafforzato non possa andare a lavorare, perché rientra nell’obbligo vaccinale per categoria professionale, pur essendo guarito, per cui in teoria non è più esposto e non è più un pericolo né per sé né per gli altri.

Per quale motivo allora una persona guarita, che avrebbe diritto al super green pass o al green pass rafforzato nel mondo della scuola, delle Forze dell’ordine, della sanità, e quindi nelle tre categorie professionali che sono state segnalate e marchiate dall’obbligo vaccinale, non può avere diritto a tornare sul posto di lavoro?

Vi invito quantomeno a dire sì o no su una pregiudiziale che vi consentirebbe di esprimervi. So che dentro quest’Aula ci sono sensibilità politiche diverse e qualcuno avrebbe voglia di smarcarsi e di dire basta a quest’emergenza trascinata a fatica.

Allora, siccome non siamo un QR code e siamo tutti ben consapevoli delle discriminazioni che possono nascere e si possono alimentare, vi invito a prendere in considerazione proprio questo aspetto. Vogliamo e volete essere pienamente europeisti oppure volete in qualche modo difendere soltanto l’attività del Governo? È questo il succo della questione pregiudiziale che rimette il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio europeo proprio al centro: quello è il pallone con cui dobbiamo giocare”.