Il sacrilegio del pane calpestato, i cassonetti incendiati, le mani alte verso il cielo ad accompagnare urla di protesta di madri contro altre madri, di figli contro altri figli.
Per 24 ore via dei Codirossoni a Torre Maura, borgata alla periferia di Roma, diventa il centro di gravità di una Capitale dimenticata da Dio forse, dagli uomini di potere di sicuro.
“I rifugiati sì, ma i Rom no non li vogliamo”. Potrebbe sembrare la sintesi imperfetta di questa maratona dell’indecenza stratificata: nessun livello umano coinvolto merita giustificazione, eppure ogni protagonista di questa triste vicenda attende spiegazioni, oltre che soluzioni.
Le spiegazioni le vogliono quei cittadini delle case popolari che affacciano su via dei Codirossoni, fatti passare in tutta Italia come epifania di uno strisciante razzismo, esploso come è esplosa la rabbia di chi all’improvviso viene a sapere che nella tua povera terra seppelliranno una bomba sociale.
Alle spiegazioni hanno diritto però, anche quelle donne e quei bimbi rom prestati alla causa del dileggio, per usare un eufemismo, portati e riportati a bordo dei bus, e poi di nuovo spacchettati, come fossero merce a saldo da stoccare. Peccato che si tratti di essere umani.
E poi c’è la ‘politica’, quella locale che ha mancato un importante appuntamento: quello con la mediazione, quello del dialogo con chi in periferia ci vive da sempre e da sempre ne subisce tutti i disagi e che per l’ennesima volta ha assistito passivamente a decisioni, poi ribaltate, ma comunque calate dall’alto.
E infine c’è la politica ‘nazionale’, che parla ma non agisce, che graffia la pelle già abrasa, ma che poi non si preoccupa di curarne le ferite sanguinanti.
Tanto Roma basta darla in pasto a tutti.
Il problema è che a forza di mangiarsela questa Capitale, hanno affamato i romani. E si sa, quando hai fame sei molto più arrabbiato nella vita.
Lulu