Stando al nuovo provvedimento, promosso qualche mese fa dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e pubblicato negli ultimi giorni in Gazzetta Ufficiale, sulla carta d’identità di un minore appariranno le diciture ‘padre’ e ‘madre‘ al posto di ‘genitore 1‘ e ‘genitore 2‘.
Il decreto, firmato infatti dal ministero dell’Interno, da quello della Pubblica Amministrazione e da quello dell’Economia, era stato oggetto di discussione a novembre scorso. Il Garante della privacy, infatti, aveva espresso parere negativo sulla sostituzione delle diciture ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’ nei moduli di richiesta di emissione della carta d’identità elettronica, uno stop che, tuttavia, non aveva messo freno all’obiettivo del ministro dell’Interno.
“Non esiste privacy che neghi il diritto ad un bimbo di avere una mamma e un papà” aveva affermato Salvini in quell’occasione, provvedimento che non ha riscontrato parere positivo nelle associazioni delle famiglie Arcobaleno, le quali hanno annunciato un ricorso al Tar.
“Il decreto è palesemente illegittimo e discriminatorio perché non permette di far coincidere lo status documentale con quello legale dei bambini e delle bambine che già oggi sono riconosciuti figli e figlie di due padri e due madri e di quelli che invece verranno riconosciuti in futuro” ha spiegato Marilena Grassadonia, Presidente delle Famiglie Arcobaleno, in un’intervista a “La Repubblica”, aggiungendo un atto amministrativo non può “contravvenire alle disposizioni di legge e alle sentenze dei Tribunali”.
E se in Francia, il parlamento ha approvato un emendamento che vieta ai docenti di utilizzare i termini ‘padre’ e ‘madre’ durante le ore di lezione, sostituendoli con ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’, in Italia i concetti di famiglia e di omogenitorialità assumono, sempre di più, sfumature diverse, a partire dalla dicitura presente nel documento di riconoscimento.
Che, complici i termini in uso, si vada sempre di più verso un ripristino del concetto di famiglia tradizionale? E come potrebbe essere vissuto questo passo dai veri protagonisti di questa storia, i nostri figli, siano essi amati e cresciuti da una coppia eterosessuale o omosessuale?
Ad aiutarci ad approfondire meglio la questione la dott. Rosamaria Spina, psicoterapeuta e sessuologa che, entrando nel merito dell’essere genitore nella società odierna e sui ruoli dei due genitori, ha riscontrato che “c’è una differenza enorme rispetto all’essere genitore di qualche generazione fa. Oggi i ruoli sono molto più livellati e più abbattuti. Abbiamo, in realtà, genitori che sono, tra virgolette, ‘meno genitori’ e più amici, quindi più confidenti e meno figure di riferimento, considerate educatori. Questo ha, tuttavia, creato confusioni nei ruoli e, diciamo, anche molta confusione a livello sociale e culturale, perché si sono persi un po’ i punti di riferimento. E’ giusto che un genitore rappresenti anche un confidente, ma non deve dimenticare di essere genitore“.
Riguardo alle famiglie Arcobaleno viste, in chiave psicologica, dal bambino che, come ha ricordato la psicologa, non ha “un’idea di partenza. Il punto si sviluppa in terreno sociale e culturale perché, purtroppo, è il contesto in cui viviamo che non è pronto ad accettare le famiglie arcobaleno. Il bambino, soprattutto quando è piccolo, non ha la percezione delle differenze e, messo di fronte a una determinata condizione, la vive come se fosse, tra virgolette, la ‘normalità’“.
“A livello psicologico, per il bambino non c’è un momento tra virgolette di ‘crisi’, non c’è un conflitto. Non nasce nel bambino il problema” ha proseguito la dottoressa Spina, sottolineando che la questione “viene portata nel bambino nel momento in cui ci si confronta con una società che dice ‘ah vedi, tu hai due mamme o due papà, non è normale’. Il bambino altrimenti, fino a che non viene posto di fronte a questo dato di fatto, vive tranquillamente per quello che i due genitori, che siano un uomo o una donna, o due uomini, o due donne, gli danno, l’amore, l’affetto, la protezione. Quello che accade, insomma, nelle altre famiglie nel resto del mondo“.
E le diciture sulla carta d’identità come si collocano, quindi, in questo contesto sociale? Secondo la dott.ssa Spina “la dicitura ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’ non è proprio bellissima, però ‘padre’ e ‘madre’ è troppo qualificante. Non è solamente identificare un ruolo genitoriale, ma è anche fare un’identificazione di tipo sessuale, quindi di genere. Il fatto che si sia tornati a questa dicitura è un passo indietro, perché dobbiamo tener conto dell’evoluzione della società. Le parole esistono, il vocabolario italiano è ricco di sinonimi, ed utilizzare le parole corrette è fondamentale“.
“Utilizzare la parola inappropriata, rispetto a un contesto, può avere delle implicazioni psicologiche molto forti. Magari a volte neanche ci si pensa, perché sembra una cosa blanda, in realtà a un certo punto pesa, perché pensiamo a un caso di un bambino che ha due mamme e, sulla carta d’identità, trova scritto ‘padre’ e ‘madre’. Diventa problematico, perché siamo noi poi, a quel punto, come società a creargli confusione” ha detto la psicoterapeuta a fine discorso, e aggiungendo “in realtà, quello che è poi una sorta di conflitto, di disagio psicologico, non nasce nel bambino, come dicevamo prima, ma è indotto anche da una terminologia che, molto spesso, non è completamente corretta“.