Appare indubbiamente efficiente il sistema capitalistico, poiché paga interessi a un sistema finanziario privato. Tuttavia, un sistema che tagliando spesa pubblica e aumentando la pressione fiscale, di fatto impedisce alle nuove generazioni di trovare un lavoro stabile, è anche giusto? Occorre ribadire il fatto che il nostro Paese non è stato, come vuole la narrazione di riferimento, uno sconsiderato spendaccione. Nel periodo intercorrente tra il 1995 e il 2020, come risulta dai dati, l’Italia ha realizzato un avanzo primario praticamente in tutti gli esercizi, per il combinato disposto di due elementi: aumento di tassazione e taglio di spesa pubblica e servizi.
Mi sembra evidente la narrazione. Da un lato abbiamo un sistema che è efficiente perché serve a pagare interessi a un sistema speculativo di banche private. E lo fa togliendo sostanzialmente le opportunità di lavoro ai giovani, perché a seguito dell’introduzione dell’euro non è vero che nel nostro Paese si sia ridotta la disoccupazione, ma anzi è aumentata. Segnatamente in fascia giovanile e soprattutto nella fascia dei cosiddetti inattivi. Secondariamente ciò è avvenuto perché non è vero quello che viene affermato, cioè che il nostro sia un Paese che ha vissuto al di sopra delle nostre possibilità, perlomeno non è così da 30 anni.
Allora io mi chiedo se un periodo che è superiore ad un ergastolo cosa ancora deve fare il mio popolo, in termini di sofferenza, quando è matematicamente chiaro che non è possibile invertire le curve del debito pubblico e degli interessi sul debito. In pratica noi abbiamo aumentato la pressione fiscale e tagliato la spesa pubblica, realizzando sempre un avanzo primario che però è stato mangiato dagli interessi speculativi.
Malvezzi Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi