Leggo sul Corriere della Sera, che già da tempo ho ribattezzato “Corriere del siero”, che l’immarcescibile Dottoressa Ilaria Capua (stella del firmamento mediatico italico) ha fatto un’affermazione davvero curiosa: secondo lei, con la peste suina si tratterà di mettere in lockdown i maiali. Più precisamente, secondo le sue parole, così come vengono riportate e diffuse dal già citato Corriere della Sera: “La peste suina è un rischio, lockdown dei maiali se arriva negli allevamenti”. Queste le parole che vengono attribuite alla Dottoressa Capua dal suddetto rotocalco nazionale.
La frase può spiazzare, considerato il fatto che il lockdown (o confinamenti domiciliari coatti) sono stati inflitti agli esseri umani ormai da due anni in questa emergenza terapeutica infinita che ormai già da tempo è divenuta la nuova normalità. In questa emergenza, che si è presentata subito come terapeutica e sanitaria e che in realtà, già da subito, è apparsa come emergenza di ordine democratico-istituzionale. Per certi versi sembrerebbe di leggere La fattoria degli animali di Orwell, dove i protagonisti sono (come tutti sanno) animali antropomorfizzati che si relazionano secondo nessi, pur nel quadro di una società che si definisce di ‘liberi e eguali’, sono altamente gerarchici, per cui (come noto) i due maiali protagonisti sono più uguali rispetto agli altri.
La domanda che forse tutti si pongono e che senz’altro io mi sono posto è la seguente: con i lockdown (o confinamenti domiciliari che dir si voglia) sono gli esseri umani a venir trattati ora come i maiali, o sono invece i maiali ad essere adesso trattati come gli esseri umani? Quale che sia la risposta che prospettiamo di questo quesito, ne segue quasi geometricamente che la differenza tra esseri umani e maiali pare essere divenuta labile in questi tempi post-umanesimo e di antispecismo. Che siano gli umani a essere trattati come maiali o che siano viceversa i maiali a essere trattati come esseri umani, quelli che appare inconfutabile è che ormai entrambi ricevono lo stesso trattamento. Nel caso specifico, gli animali in questo caso i maiali, come gli umani, ricevono come trattamenti come privazione della loro libertà e la condanna alla reclusione coatta. Giustificate entrambe in termini rigorosamente medico-scientifici secondo un paradigma che usa un discorso medico-scientifico per veicolare una contrazione dei diritti e delle libertà presentata appunto come ‘misura sanitaria per proteggere la vita, la salute e la sopravvivenza’.
Si è venuta smarrendo (ormai palesemente) la differenza tra esseri umani e animali, cosicché gli uni e gli altri possano essere trattati allo stesso modo, vale a dire in una maniera tale per cui resta il dubbio se tal maniera stessa sia adeguata per il maiale o per l’umano. Posto che possa essere comunque adeguata a una delle due specie, dacché ridurre la libertà in quel modo, dicendo che serve a curare e a proteggere la salute, a evitare il dilagare dell’epidemia, è una maniera che tutto sommato pare barbara, perché tale da reprimere la libertà e, nel caso degli umani, diritti costituzionali.
Nel tempo del capitalismo pienamente realizzato, nel tempo delle magnifiche sorti e progressive della civiltà neoliberale, siamo ormai pervenuti a una incancellata differenza tra umani e animali, nel caso specifico i maiali, che da sempre sono sempre simbolo specifico di un certo tipo di considerazione delle cose. Insomma, siamo davvero giunti allo zenit della società neoliberale, in cui tra maiali e umani non vi è più differenza. Un tempo si diceva che con la società a venire l’uomo sarebbe divenuto come un Dio: Homo homini Deus era la formula di Feuerbach. Ebbene, la società contemporanea ha decisamente disatteso queste promesse di realizzazione nobilitante per l’uomo, che è divenuto più simile al maiale specificatamente e su questo ci sarebbe di che riflettere.
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