La diffusione del Coronavirus sembra regredire, è vero, e con essa anche casi, ricoveri e decessi. Così si evince dagli ultimi dati forniti dal Ministero della Salute, dove dalla sintesi di monitoraggio nazionale si legge che “l’epidemia si conferma in una fase di miglioramento con incidenza in diminuzione, trasmissibilità al di sotto della soglia epidemica e diminuzione nei tassi di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva”. Questo fattore, se da un lato porta buone notizie, dall’altro si discosta molto dalle dinamiche che ruotano attorno al mero concetto di infezione e alla funzionalità dei protocolli sanitari che oggi (soprattutto facendo riferimento alle strutture pubbliche) risultano inapplicati e disorganizzati.
Francesco Barucco e Francesco Angelini, avvocati dello Sportello Legale Sanità, lanciano un allarme in diretta ai microfoni di Ilario di Giovambattista proprio in questa direzione: “I medici fanno il loro lavoro, purtroppo il problema è la disfunzione della struttura ed è per questo che vengono prese le infezioni e ci si può morire. Ci sono germi particolarmente aggressivi e resistenti agli antibiotici. Il problema infettivo non lo risolvi con ‘l’amico’ che ti opera in maniera perfetta”. Il problema perciò non sono i medici o il personale sanitario in toto, ma la prevenzione delle strutture che oggi sembra mancare. “Ci sono studi internazionali che ci mettono all’ultimo posto del mondo sviluppato come numero di infezioni per numero di ricoveri. L’ultimo paese al mondo. “Il fatto che siamo ultimi nella classifica dovrebbe spingerci a migliorare. Son d’accordo che i medici e gli infermieri sono pagati una miseria e questo è ingiusto ma non è una ragione per non migliorare. Ci stiamo occupando di interventi derivati, ad esempio, dalle colecistectomie”.
Le parole chiave per risanare la situazione descritta diventano perciò organizzazione, prevenzione e giusto equilibrio anche riguardo i fattori economici: “Basta fare un giro per una struttura pubblica per capire come siamo messi. Questo a fronte di una spesa sanitaria che, in percentuale del PIL, non è inferiore di molto rispetto ai maggiori paesi europei. Accade perché siamo un popolo di individualisti e nessuno rispetta l’altro. Poi c’è chi deve supervisionare che non lo fa e quindi si crea questa tempesta perfetta. Sono disfunzioni sì, della struttura, ma molte volte sono i comportamenti individuali”.