“Ti accorgi di essere in un film dell’orrore, ma effettivamente è questo quello che è accaduto: farmaci immessi sul mercato che poi scadono e a quel punto riclassificano le scadenze“. Fabio Duranti commenta così l’inchiesta mandata in onda ieri sera da Report su Rai 3. Sigfrido Ranucci e la sua squadra hanno scoperto che l’Italia ha acquistato 321 milioni di dosi di vaccini, a fronte di una popolazione di circa 60 milioni: “Significa – prosegue Duranti – che si vogliono fare 6-7 dosi a persona“. Dosi di un “farmaco“, non di un “vaccino“, specifica l’editore: “I dati ci dicono che chiamarlo così significa stravolgere il vocabolario. Si tratta di un prodotto che non ha le caratteristiche che possono classificarlo come ‘vaccino’ e per noi il vocabolario rimane quello“. Da qui, una presa di coscienza: “Abbiamo capito perché si spinge tanto sulle terze, le quarte e le quinte dosi: altrimenti, qualcuno prima o poi dovrà chiedere conto di questo spreco di denaro pubblico“.
I nuovi vaccini senza sperimentazione
Ma l’aspetto più rilevante dell’inchiesta di Report è un altro: “Si tratta di farmaci scaduti od obsoleti. Che siano obsoleti, d’altronde, lo dicono anche i loro produttori. Quegli stessi produttori che poi assicurano di starne preparando altri che, a loro dire, non dovranno passare neanche per una sperimentazione. Non che nei vecchi vaccini ci fosse stata chissà che tipo di sperimentazione, ma almeno una mano di un colore tenue l’avevano data“. Duranti si riferisce all’intervista rilasciata al Financial Times da Ugur Sahin, in cui il fondatore del colosso tedesco BioNTech aveva dichiarato che le autorità internazionali avrebbero dovuto accelerare i tempi di autorizzazione dei vaccini contro le nuove varianti del Coronavirus. Tanto, assicurava, i cambiamenti rispetto a quelli già approvati sarebbero stati minimi.
Stesso farmaco (scaduto), scatola diversa
E in tutto ciò, i vecchi vaccini che fine fanno? “Ormai non servono più, sono scaduti. Nel servizio di Report, si vede la dottoressa Silvia Caldarini, direttrice della farmacia Asl Roma 1, che mostra al giornalista i frigoriferi che contengono questi farmaci. Quando l’inviato le fa notare che erano scaduti, lei risponde che il problema era la scatola, che andava aggiornata perché c’era stata, a suo dire, una riclassificazione della scadenza. Lì si doveva chiudere il servizio è dire: ma di cosa stiamo parlando?“.