Sì sofferto al Def

Nessuna nuova tassa, né correzioni dei conti” nel Documento di Economia e Finanza approvato dal governo. Palazzo Chigi esulta al via libera al Def dove non trovano spazio i temuti rialzi Iva, c’è un assaggio della flat tax, ma c’è anche la conferma della frenata del pil e del deterioramento di deficit e debito. I numeri del Def tratteggiano uno scenario poco promettente per la crescita e i conti italiani, nonostante i tentativi del governo di rivitalizzare il pil a suon di decreti-legge, dal dl crescita allo Sblocca cantieri.

Un documento varato con un Consiglio dei ministri lampo, durato appena mezz’ora. Una riunione che ha lasciato anche una scia di malumori. Tensioni in seno al governo, e con tutta probabilità nei confronti del ministro dell’Economia Giovanni Tria, che sarebbero all’origine della cancellazione della consueta conferenza stampa dopo il via libera al Documento di Economia e Finanza.

Sulle invise clausole di salvaguardia, in particolare, il Movimento 5 Stelle non si è mostrato certo entusiasta e ha “più certezze” sullo stop all’aumento dell’imposta sul valore aggiunto che scatta in automatico caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di bilancio concordati con l’Ue. Ma i 5 Stelle parlano di mal di pancia interni anche sulla flat tax, “che così è una farsa: solo due righe nella parte discorsiva” del Def, attaccano in merito al fatto che la tassa ‘piatta’ sia contenuta, secondo le ultime bozze, nel Programma nazionale di riforme, sezione III degli allegati al Documento di Economia e Finanza vero e proprio.

Stime alla mano, secondo i dati del Mef, il pil per effetto del dl crescita e blocca-cantieri sale solo dello 0,2%, contro l’1% indicato a dicembre. Escluse le nuove misure pro-crescita resterebbe praticamente al palo a +0,1%. In salita il deficit, il cui rialzo costringe il governo ad attivare le clausole per congelare da giugno due miliardi di spese: si attesterà al 2,4% nel 2019, per poi scendere poi al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021.

Un percorso che butta fuori dai radar del triennio il fatidico pareggio di bilancio, ovvero l’azzeramento del disavanzo. Resta la nota dolente dell’alto debito pubblico, in salita al 132,6% del Pil quest’anno dal 132,2% del 2018 a causa della “bassa crescita nominale” e “rendimenti reali relativamente elevati”. Lo stock del debito dovrebbe poi calare nel 2020 al 131,3% e fino al 128,9% per cento nel 2022.

“Il sentiero di riforma per i prossimi anni prevede la graduale estensione del regime d’imposta sulle persone fisiche a due aliquote Irpef del 15 e 20 per cento, a partire dai redditi più bassi, al contempo riformando le deduzioni e detrazioni”, recita il Pnr. L’obiettivo del Governo, si sottolinea ancora, ”è di ridurre la pressione fiscale su famiglie e imprese e di snellire gli adempimenti relativi al pagamento delle imposte. Il concetto chiave è la ‘flat tax’, ossia la graduale introduzione di aliquote d’imposta fisse, con un sistema di deduzioni e detrazioni che preservi la progressività del prelievo”.