In diretta a “Un giorno speciale” con Francesco Vergovich e Marco Guidi è intervenuto, ai nostri microfoni di “Radio Radio”, un ospite di rilievo, Aldo Cazzullo, giornalista e autore di “Giuro che non avrò più fame. L’Italia della ricostruzione”.
“In questo libro non scrivo soltanto di Alcide De Gasperi, Adriano Olivetti, ma racconto in particolare delle nostre mamme e nonne, donne che hanno ricostruito un paese distrutto dopo la guerra con uno spirito e un’energia che dovremmo ritrovare oggi. L’Italia è di nuovo un paese da ricostruire” ha spiegato lo scrittore.
L’Italia, all’epoca, era un paese “più povero, ma la povertà di quegli anni era condivisa, ci si aiutava gli uni con gli altri. Poi, magari, i nostri nonni non erano migliori di noi, ma il loro era un individualismo che diventava vitalismo”.
“C’era voglia di uscire la sera, anche di divertirsi, di ridere con Totò o con il giovane Walter Chiari. Voglia anche di fare l’amore, tanto che, sei anni dopo la Liberazione, si dovette istituire i doppi turni nelle scuole elementari, perché c’erano tantissimi bambini” ha continuato Cazzullo, sottolineando, in merito al tasso di natalità, che ad oggi l’Italia è “il paese che ne fa di meno, perché il nostro individualismo diventa narcisismo dei social. Per fare un bambino bisogna avere fiducia nella vita e nel futuro, cosa che tanti non hanno“.
Alla domanda di Vergovich sul legame tra il titolo del libro e il film “Via col vento“, Aldo Cazzullo ha risposto che “Via col vento fu il primo film che le nostre mamme e nonne videro dopo la guerra e tante si riconobbero in Rossella O’ Hara, tanto che ci fu poi un boom di Rosselle negli anni 50 e 60. C’è una scena in quel film in cui la protagonista, tornando a casa, ormai distrutta dalla guerra, sradica nell’orto una piantina affamata, la rosicchia e la leva al cielo, gridando ‘Giuro che non avrò più fame’. Penso che quel giuramento l’abbiano fatto anche le nostre nonne e mamme settant’anni fa, incluse quelle che non avevano visto il film. Lo spirito era quello di ricostruire dopo una guerra devastante“.
“Non c’è un’Italia di cui avere nostalgia” ha ribadito l’autore di “Giuro che non avrò più fame“, “All’epoca era un paese anche ingiusto, con grandi contrapposizioni ideologiche (la polizia, ad esempio, sparava ripetutamente sui cortei dei contadini in sciopero), ma la differenza con la situazione attuale sta nello spirito di rivalsa, crescita”.
E ancora: “Noi abbiamo l’ossessione che i nostri figli siano felici, ma forse in questo modo non li stiamo preparando alle difficoltà che incontreranno. I nostri ragazzi non devono pensare di essere una generazione sfortunata: i problemi ci sono, non si trova lavoro, ma loro non devono pensare di essere la prima generazione ad aver avuto ostacoli davanti. Collochiamo le difficoltà di oggi nel loro contesto: ce la possiamo fare ancora ma dipende soprattutto da noi, ritrovando quella fiducia che i nostri nonni e padri avevano appena settant’anni fa“.
“La radio diventò il mondo per fare entrare il mondo in casa” ha rivelato poi Aldo Cazzullo a fine intervento, specificando che fu la radio a trasmettere, nel 1951 “la prima edizione del Festival di Sanremo, vinta da Nilla Pizzi.”