Un fischio non ulula

Un fischio non ulula. Non è soltanto una frase a effetto per colpire il lettore. È l’esercizio del dono della sintesi per rendere l’idea di quello che sarebbe il massimo livello di civiltà ottenibile (ottenibile?) e auspicabile nei nostri stadi. Negli stadi, tutti, in generale. Sarebbe anche l’occasione, per ogni tifoseria, di dissentire in maniera veemente verso un avversario che si è macchiato di un certo comportamento, magari anche con il “condimento” di espressioni piuttosto colorite (basta pescare nel campionario delle nostre arrabbiature quotidiane), senza dover ricorrere all’odiosa e abominevole discriminazione razziale.

Se un avversario bianco, di quelli più detestati e detestabili viene “accolto” con una serie di “figlio di…” più o meno reiterati e veementi, state tranquilli che questo tipo di espressioni andranno benissimo (rispetto a logiche perverse e discriminatorie) anche per un nero. E lo avremo indispettito lo stesso. Con la differenza, perché fa tutta la differenza del mondo, che saremo risultati “civili” per quanto riguarda le nostre schermaglie verbali, scritte o cantate, da stadio.

Tanto per fare due esempi a caso, se Kessié e Bakayoko (proprio a caso eh) si macchiano di un comportamento particolarmente antisportivo e, almeno a giudizio di chi scrive, anche un po’ vigliacco e irrispettoso dei valori e dei simboli dell’avversario, fischiarli per novanta minuti, riempiendoli anche di improperi e delle stesse parolacce che si utilizzerebbero verso un bianco o un asiatico, manterrebbe la tifoseria che li attacca dalla parte della ragione, lasciando loro in quella del torto. Perché hanno e avranno torto marcio, come ha sottolineato il loro saggio allenatore.
Glissiamo, per amor di decenza, sul comunicato buonista del Milan.

Se li si accoglierà con i soliti lugubri ululati, invece, verranno giustamente considerati vittime di razzismo e le loro colpe non solo passeranno in secondo piano, ma svaniranno al cospetto della solita, idiota discriminazione (in)fondata sul colore della pelle.

Per chiudere, usiamo una formula a effetto: lasciamo che il nero da sottolineare, quando un avversario ci ha offesi, sia solo il colore della nostra incazzatura.

Paolo Marcacci