Parliamo di una categoria tra le peggiori in assoluto di idioti e mentecatti, ovvero quelli che gongolano, godono, si divertono a fare battute e cori sul dolore altrui. Nella fattispecie sull’infortunio serio e grave di un calciatore avversario; parliamo in tal caso di Georginio Wijnaldum.
Isoliamo subito un concetto: è un’operazione che non ha senso insultare il giocatore partecipe dell’impatto che ha causato lo stop dell’ex PSG (tra l’altro partecipe dell’impatto ma non strettamente e tecnicamente autore del fallo che ha portato alla rottura della tibia di Wijnaldum), questo anche per deresponsabilizzare un ragazzo che in questo momento è la seconda persona – dopo lo stesso Wijnaldum – a star male per l’accaduto.
Torniamo ai nostri amici – o meglio, nemici – di cui sopra, che vediamo gongolanti ed esultanti. Piccolo inciso: quando inizieremo a perseguire seriamente chi sui social pensa di poter vomitare qualsiasi cosa, avremo fatto un passo avanti di civiltà.
Non mi interessa specificare la tifoseria, visto che più di qualcuno su Twitter mi ha chiesto se ‘allora non fosse la stessa cosa quando i romanisti, i viola, i granata esultavano per l’infortunio di Paul Pogba‘. Sì, è la stessa cosa, non c’entra il colore.
Non possiamo connotare il dolore con rivalità campanilistiche né ragionare nel campo del ‘l’hai fatto pure tu‘: sarebbe come assolvere chiunque per strada butti l’immondizia fuori dal cassonetto dopo aver visto qualcun altro fare lo stesso.
Piccola similitudine finale: gioire per un momento di dolore di un ragazzo (sì, miliardario, sì, giovane, sì, baciato dal talento) che rischia un Mondiale e dovrà affrontare una riabilitazione è collocarsi un gradino sotto i guardoni al parco con le coppiette. Con la differenza che questi ultimi si compiacciono della gioia altrui, non di un infortunio.