Nel 1980 bastava una laurea per essere considerati dottori, esperti o professori dai cospicui stipendi. Adesso una laurea, sostanzialmente, non vale nulla. A dirlo non sono le statistiche sulla disoccupazione o il Documento di Economia e Finanza. Sono le folli storie dei giovani laureati che, armati di speranza e buone intenzioni, si buttano a capofitto sulle piattaforme di reclutamento per trovare lavoro. Eccone una…
Inizia tutto con un’innocua ricerca della posizione ambita sui portali di recruiting. Quella che si respira è un’aria di entusiasmo, di indipendenza, di anni di studio e sacrifici ripagati, di ingresso trionfale nel mondo degli adulti, di libertà!
Un sogno. Letteralmente. Che si sgonfia al primo invio sul motore di ricerca: “office assistant, international sales, talent specialist, content writer, event coordinator…”
Una sfilza di annunci tanto contorti da sembrare inventati, che rimbalzano il nostro speranzoso candidato di piattaforma in piattaforma al solo scopo di generare click e acquisire dati personali.
Nulla rispetto a quanto l’ignaro Dottore sta per scoprire.
Una volta decodificata la natura delle posizioni e superato lo scaglione dei millemila portali automatici, ecco aprirsi il magico mondo dei REQUISITI.
Il suo sogno è quello di entrare nel mondo della comunicazione (ah quindi è un mestiere?) la realtà è che quel lavoro non esiste e lui dovrà essere pronto a diventare chiunque.
Must-have, ovvero: le competenze che devi assolutamente avere perché altrimenti nessuno ti considera
- Laurea magistrale (master o corso professionalizzante nel settore costituiscono una via preferenziale)
- Certificazione inglese livello minimo C1 (C2 o madrelingua costituiscono una via preferenziale)
- Eccellente capacità di redazione di testi
- Ottime capacità di utilizzo piattaforme web (conoscenze del linguaggio di programmazione costituiscono una via preferenziale)
- Ottime capacità di utilizzo canali social
- Conoscenza dei principali Content Management System
- Conoscenza di strategie di posizionamento su motori di ricerca
- Ottime conoscenze pacchetto Office, con particolari abilità nell’uso di piattaforma Excel
- Ottime conoscenze strumenti Adobe, con particolari abilità nell’uso di Photoshop, Indesign e Premiere
Soft-skills, ovvero: non basta quello che sai fare, devi pure essere simpatico e non avere una vita
- Disponibilità a spostamenti in diverse sedi anche con poco preavviso
- Apertura a possibili trasferte nazionali e internazionali
- Disponibilità a lavoro su turni
- Spiccato interesse per il lavoro in team
- Spiccate capacità organizzative
- Flessibilità, precisione e autonomia lavorativa
- Capacità di problem solving
- Orientamento al risultato
- Precedente esperienza in ruolo analogo
- Auto munito
Superato lo stupore, la confusione e la frustrazione, il nostro eroe si lancia. Inizia con l’invio di candidature ponderate, frutto di attente riflessioni su luogo, mansioni e trasferimenti. Finisce con l’invio di proposte a caso, frutto della certezza che alla fine nessuno richiamerà mai.
Il colloquio di lavoro
Accade: dopo mesi di primi contatti, inutili e irrisolti, il nostro giovane ricomincia a sperare e ottiene un incontro.
Appuntamento alle prime ore del mattino. Nessuna insegna, una stradina degradata, un grosso portone di ferro. Non fosse per la lunga fila di candidati potrebbe benissimo essere una truffa con rapina. Si presenta un HR-specialist (perché addetto alle risorse umane non era abbastanza professional) che fa sapere ai ragazzi in fila che il colloquio sarà diviso in più fasi.
Il colloquio di gruppo
Un grande tavolo, tutti i partecipanti si guardano in faccia. Dopo essersi presentati uno per uno, inizia la prova: devono analizzare un problema, confrontarsi e cercare di risolverlo insieme. Quella che viene proposta è un’emergenza aerea: cosa sceglieranno i nostri candidati tra un folle atterraggio in mare e uno in territorio nemico in cui verranno catturati e torturati? Hanno un’ora di tempo per scegliere di che morte morire, ed è soltanto ora di pranzo.
Il colloquio individuale
Non ci sono amici nel freddo e crudele mondo del lavoro: sono tutti lì per una e una sola posizione. Il gruppo si disperde e ognuno torna a combattere per sé. E’ previsto un candidato a ogni ora: ad uno ad uno si confrontano con il responsabile risorse umane dell’azienda, gli altri rimangono ancora una volta in attesa.
Per i più fortunati sono appena passate le 2, per gli altri possono essere anche le 6 del pomeriggio. Quello che segue è un tranquillo botta e risposta: parlare di sé stessi in fin dei conti è facile. Chi sei? Cos’hai studiato? Che fai nella vita? Cosa conosci dell’azienda? Quali sono le tue ambizioni? Qual è la tua disponibilità? E proprio quando tutto sembra andare per il meglio, quando il nostro coraggioso candidato sente di avere la posizione in pungo, quando il momento per tirare finalmente un sospiro di sollievo sembra vicino, ecco la sorpresa.
Il colloquio con il capo
Nessun preavviso, solo ore su ore che si sono accumulate e moltiplicate tra loro a causa di attese e fasi 1 e 2. Lasciato solo in una stanza ad attendere, il nostro esausto protagonista non sa proprio cosa aspettarsi. A palesarsi, a sorpresa, è il capo dell’azienda. Lo scopo, piuttosto evidente, è quello di mettere in difficoltà il candidato. Cosa ne pensa lui del rapporto tra spazio e tempo? E’ solo una congettura? Non è forse vero che studiare non serve a nulla e che le cose importanti si imparano dalla strada? Esistono bello e brutto? Per cosa utilizzare una bacchetta magica?
E’ tutto vero. E come la più avvincente delle storie, ecco il gran finale.
La proposta contrattuale
A chiusura delle ormai non più quantificabili ore di colloquio, la stella della nostra mirabolante avventura scopre finalmente i termini della posizione alla quale sta concorrendo.
Se (e solo se) dovessero richiamarlo, gli si aprirebbero le porte di un irrinunciabile stage della durata di 6 mesi, a part-time verticale, senza rinnovo a fine progetto e a rimborso spese, ma con la possibilità (è ovvio!) di concorrere per rimanere in azienda laddove si dovessero aprire altre posizioni.
Cosa significhi tutto questo esattamente non è ancora chiaro. Come la migliore delle storie però anche questa riserva una morale: non sia la proposta in sé a destare scalpore, bensì l’idea che là fuori ci siano persone costrette ad accettare.