L’intelligente provocazione dalle carceri svela chi tra i partiti ha davvero a cuore i diritti

Ieri ho incontrato personalmente Samuele Ciambriello, il garante dei detenuti della regione Campania.

Sono molto contento della mia scelta di rispondere alla sua convocazione per due motivi fondamentali: il primo è quello di aver conosciuto una persona di una incredibile umanità che ben si confà al ruolo che svolge con dedizione da anni; il secondo è non aver deluso le aspettative di Ciambriello.

I detenuti, come sappiamo, non votano e quella di Ciambriello è stata quindi una provocazione intelligente: provare a chiedere il supporto e l’attenzione di partiti e candidati alle elezioni del 25 settembre. Secondo il garante campano, infatti, quelli in buona fede – ossia quelli che hanno realmente a cuore le sorti degli ultimi e i diritti dei detenuti – avrebbero risposto comunque all’appello, pur sapendo di non poterne beneficiare in funzione elettorale, gli altri avrebbero rimandato a data da destinarsi per occupare il tempo concitato della campagna elettorale per incontrare categorie alle quali avrebbero invece potuto chiedere un supporto elettorale. “Siete stati in pochissimi a rispondere al mio appello e tutti dal fronte cosiddetto ‘antisistema’, ora so su chi potrò fare affidamento in futuro” ha detto Ciambriello.

Il sottoscritto è strenuo sostenitore della certezza della pena, ma ritengo che il carcere debba servire come luogo di espiazione ma anche come riabilitazione del soggetto, per un futuro rinserimento nell’ordine sociale. Un soggetto trattato senza dignità, calpestando i suoi diritti umani, non è un soggetto che si potrà riabilitare e non è umano costringere i detenuti ad essere trattati come bestie, per quanto anche le bestie non vadano trattate male.

Ho dato la mia piena disponibilità a Ciambriello per prendere parte ad una serie di iniziative utili per accendere un riflettore sulle condizioni del carcere, in particolare quello di Napoli (Poggioreale), ma anche sulle condizione dei detenuti e delle guardie carcerarie, costrette in alcuni a vivere come dei prigionieri sul posto di lavoro, come ha ricordato Samuele Ciambriello.

Tra i primi diritti sanciti dalla nostra carta costituzionale c’è il diritto alla salute – un diritto inalienabile e intoccabile – e la sua fruizione non può assolutamente fare la differenza tra detenuti e non. Come diceva Dostoevskij: “il grado di civiltà di una società si misura dalla sue prigioni”. Ed io non vorrei mai che il grado di civiltà della mia gente fosse parametrato allo stato delle nostre carceri.

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