Il rialzo dell’Iva dal primo gennaio 2020 sarà confermato in assenza di misure “alternative”. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria in audizione sul Def davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato a Palazzo Madama conferma la ‘bomba ad orologeria’ che grava sull’economia italiana: clausole di salvaguardia sui conti da 23 miliardi di euro che potrebbero scattare in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di bilancio concordati con l’Ue.
A meno che non si riescano a trovare i 23 miliardi necessari a bloccare le clausole di salvaguardia, quindi, l’aumento non potrà essere evitato. Nell’ipotesi peggiore, se non verranno recuperati entro la fine di quest’anno 23 miliardi di euro, l’aliquota ordinaria passerà dal 22 al 25,2 per cento, mentre quella ridotta dal 10 salirà al 13 per cento.
Uno scenario che fa infuriare la polemica, provocando tensioni nell’esecutivo. Tanto che spetta prima a Luigi Di Maio, poi a Matteo Salvini scacciare lo spettro dell’aumento dell’Iva. “Con questo governo non ci sarà nessun aumento dell’Iva, deve essere chiaro – spiega Di Maio -. Finché il M5S sarà al governo non ci sarà nessun aumento dell’Iva, al contrario. l’obiettivo è ridurre il carico fiscale su famiglie e imprese”. Gli fa eco l’altro vicepremier, Matteo Salvini, che scandice: “L’Iva non aumenterà. Punto. Questo è l’impegno della Lega. Siamo al governo per abbassare le tasse, non per aumentarle come hanno fatto gli altri governi”.
Sì ma dove verranno trovati i soldi per disinnescare le clausole di salvaguardia? “Abbiamo le idee chiare in materia” ma “prima facciamo” le cose “e poi le diciamo” sottolinea Salvini. Dal M5S però arriva l’affondo: “Se Tria vuole un aumento dell’Iva può passare al Pd. Per anni il Pd altro non ha fatto che alzare le tasse ai cittadini, mantenendo privilegi medievali come i vitalizi, che noi abbiamo tagliato, e molto altro. Quindi se Tria è così desideroso di aumentare l’Iva può scegliere un’altra collocazione. Con questa maggioranza non esiste” dicono fonti pentastellate.
A ogni modo, in serata, dal salotto di Bruno Vespa, Tria ribadisce che “l’obiettivo sarà evitare l’aumento dell’Iva, proseguire la riforma fiscale anche dell’Irpef”, nelle compatibilità degli obiettivi di finanza pubblica del Def, spiegando che per i target dei conti si possono anche prendere tagli di spesa. “Si possono trovare i soldi ma sono allocati, la decisione di dove toglierli e dove metterli è politica” scandisce Tria.
Quanto ai diversi progetti di flat tax o rimodulazioni dell’imposta sul valore aggiunto, il titolare di via XX settembre ha chiarito che “circolano stime fatte un anno fa”, aggiungendo che “si possono fare stime di ogni tipo di vari disegni possibili di modifica delle aliquote Irpef più o meno avanzate con una certa progressione, è ovvio che al Mef le stime sulle possibili misure sono fatte in continuità”. Di certo “è legittimo che nel Paese si discuta di possibili riforme in una direzione o nell’altra”, poi le decisioni saranno frutto del “dibattito politico” ma “tutto quello che faremo dovrà rispettare le compatibilità con la politica di bilancio”, avverte.
Il dibattito sulle scelte di politica economica del governo viene reso più difficile dalle peggiorate prospettive di crescita del paese con tanto di revisione al ribasso delle stime di crescita passate nel 2019 a 0,2% dal precedente 1%. Una stima “equilibrata” e “coerente”, ha argomentato Tria, osservando che “il governo non ha peccato di ottimismo” e che la revisione è “ampiamente coerente con la situazione generale”, dove pesano diverse variabili esogene. A ogni modo in Europa ed in Italia “non siamo in recessione”, siamo davanti ad “un forte rallentamento” ma “con previsioni più ottimistiche” per i primi mesi dell’anno.
E sull’Italia pesa un debito-monstre a quota 132,8% del pil secondo le ultime stime. “Il debito pubblico è un problema da affrontare in modo serio”, “è una sfida e un vincolo” ma, è l’osservazione, “la finanza pubblica italiana non rappresenta un rischio per nessun paese in Europa e nel mondo” e “non abbiamo chiesto mai un euro per la nostra finanza pubblica”.
Infine, non è mancato un chiarimento sul piano di privatizzazioni con i ‘gioielli di famiglia’ che resteranno saldamente nelle mani dello Stato. “Valutiamo di mettere sul mercato parti di quanto detenuto dallo Stato senza mettere in discussione il controllo delle partecipate del settore pubblico, si stanno vedendo le possibilità”, ha garantito il titolare di via XX settembre.