Vincerà la tutela ambientale o chi vuole la guerra? Thunberg e Zelensky verso il Nobel per la pace

Sono in lizza per l’assegnazione del premio Nobel per la pace il guitto Zelensky, attore ‘Nato’, e la piccola scandinava Greta Thunberg per i suoi venerdì ambientali. Si tratta, al di là delle evidenti e macroscopiche differenze, di due personaggi che pur diversamente incarnano a pieno lo spirito del nuovo capitalismo e del nuovo liberismo cosmopolita che celebra premia e fa trionfare coloro che siano organici idealmente al suo progetto, così che non deve davvero stupire questa premiazione se come già aveva intuito Marx, il capitale si mette in mostra e celebra se stesso con premiazioni che sempre da capo fanno trionfare gli alfieri dell’ordine capitalistico.

Per quel che riguarda il guitto Zelensky, attore ‘Nato’, prodotto in vitro a Washington quando non direttamente a Hollywood, non ce ne stupiamo davvero. Qualcuno potrebbe stupirsi, e noi ci stupiremmo del suo stupore perché si dice: come può essere insignito del Nobel per la pace colui il quale sta predicando urbi et orbi la guerra, lo sterminio uno a uno dei russi che non si pieghino alla sua voluntas e ancora di fatto la guerra totale usando il popolo ucraino come scudo umano per gli interessi di Washington e della Nato? Com’è possibile – ci si domanda – che venga insignito eventualmente del Nobel per la pace un soggetto siffatto? Ma non dimentichiamo che venne insignito del Nobel per la pace Barack Obama: il bombardatore umanitario, il diffusore dell’imperialismo etico su scala cosmopolitica, sicché nihil novi sub sole, tutto procede secondo il discorso tecno-capitalistico che celebra gli eroi organici al suo progetto.

Per quel che riguarda invece la paideutica fanciullesca di Greta Thunberg, non ci stupiamo ugualmente di questa scelta eventuale. In effetti Greta Thunberg, pur con le migliori intenzioni che la caratterizzano, è divenuta già da tempo l’emblema del nuovo interclassismo green planetario, che è particolarmente apprezzato dal patriziato cosmopolitico e dai suoi intellettuali di riferimento. Chissà se Greta Thunberg si è mai posta la domanda del perché lei, che crede di essere così critica rispetto al potere che devasta l’ambiente, venga poi celebrata urbi et orbi a piè sospinto ubiquitariamente da quello stesso potere che, a rigore, dovrebbe ingaglioffirsi, adirarsi contro di lei per le critiche che muove. L’ambientalismo capitalistico dei Fridays for future di Greta Thunberg e di analoghe pratiche dell’irrilevanza politica trasformata in gesto ostentato consiste, in sintesi, dell’occuparsi dell’ambiente, del pianeta, del clima, dell’ecosistema, dell’aria e dell’acqua senza mai mettere in discussione gli assetti sociali, economici e politici del tardo capitalismo.

Di più l’ambientalismo capitalistico alla Greta Thunberg dà per scontato che la gabbia d’acciaio del capitale sia immodificabile ed esente da colpe. Proprio come i capricci da consumo tinta arcobaleno, così anche le pulsioni green del ambientalismo capitalistico thunberghiano è integralmente sussunto sotto il capitale. Il futuro ecosostenibile da Greta Thunberg e dai suoi discepoli è sempre concepito come un prodotto business dal potere commerciale, di modo che come evidenziato da David Harvey nella sua breve storia del neoliberismo, il potere liberale stesso possa gestire la contraddizione tra capitale e natura secondo i suoi grandi interessi di classe.

Certo Greta Thunberg non ha colpe, si dirà che dalla sua giovane età mira a un nobile ideale: quello della tutela dell’ambiente. Tuttavia senza vedersene la visione del mondo che è la propugna, viene integralmente assimilata dal capitale che non vede l’ora di poter celebrare un ambientalismo privo della critica sociale e privo dell’ideale di trasformazione anticapitalistica. Insomma, Greta Thunberg e il guitto Zelensky, pur così diversi vengono celebrati dal capitale dacché la loro visione delle cose è in qualche modo organica al capitale stesso, che ora pensa bene di premiare uno dei due – chissà quale – con il premio Nobel.