La Sapienza diventa terreno di scontro di ideologie passate: di fronte alla violenza, il vero vincitore può essere ancora definito tale?

Daniele Capezzone, ex portavoce di Fratelli d’Italia, e Fabio Roscani, deputato dello stesso partito, nella mattinata di oggi 25 ottobre erano attesi all’Università di Roma La Sapienza nella facoltà di Scienze Politiche. L’occasione era una conferenza sul “Capitalismo buono”. Già il nome di per sé è emblematico: esiste una forma di capitalismo che possiamo definire buono? Ad alcuni studenti non è andata giù questa iniziativa organizzata da Azione Universitaria (sigla di studenti di destra) tanto da manifestare con alcuni striscioni con su scritto “Fuori i fascisti dalla Sapienza”. Si è accesa così una manifestazione, sfociata poi in protesta e, in seguito, in una vera e propria lotta. Ed ecco la polizia, il caos, le manganellate, il sangue e la chiusura del dipartimento. Al di là delle ideologie, quando la violenza cessa di essere tale e diventa giustificabile? Credo, di fronte a nulla.

Ma c’è una distinzione concettuale che oggi ci sembra così anacronistica che però sta diventando strumento di dissenso e, perché no, anche di assenso: si parla di destra e di sinistra, di ritorno al fascismo e di lotta comunista. Ma fino a che punto possiamo chiamarlo anacronismo davanti a questi fatti che rievocano periodi che speravamo di non rivivere più? I giovani sono arrabbiati, gli adulti interdetti, gli anziani accondiscendenti di fronte a una politica che oggi non si identifica in nulla se non in tornaconti personali e poltrone spartite. Ma, in tutto questo disordine, dubbi e domande sul futuro, all’opposizione di maggioranza cosa abbiamo trovato durante la corsa elettorale? Un PD fragile, spento e pieno di insicurezze che al grido di “Tutto fuorché il centrodestra al Governo” pensava di cavarsela e invece ha spinto il popolo a rifiutarlo come portavoce.

A questo si unisce il fatto che la pandemia vissuta in questi ultimissimi anni non ha fatto sconti a nessuno: socialmente ed economicamente. La maggior parte del Paese si è rifugiato in ciò che riteneva portatore di ‘cambiamento’, ma possiamo definirlo davvero tale? Per adesso, c’è ancora tanta confusione e, a quanto sembra, passi indietro anziché in avanti. C’è il fatto che, da un lato, la (anzi, IL) neoPremier mentre inneggia alla libertà di manifestazione, di pensiero e dissenso a poca distanza le stesse manifestazioni diventano vere e proprie lotte e, dall’altro, gli sconfitti si ritirano con la coda fra le gambe sperando in un suo passo falso per riacquistare terreno. Forse sarà stata una coincidenza, ma chi vincerà stavolta? Di certo non gli italiani, ormai sfiniti sì, ma sempre colmi di speranza. E se, alla fine dei ‘giochi’, ‘fascisti’ e ‘comunisti’ si comportano allo stesso modo e il dissenso sfocia in ‘insurrezione’, come possiamo parlare realmente di cambiamento?

Elena Duranti