Si discute molto in questi giorni di quanto in maniera surreale, invero, è accaduto alla Sapienza. Alla Sapienza era infatti in programma la presentazione e discussione di un libro con Daniele Capezzone, un neoliberale che sostiene tesi che, condivisibili o meno, meritano di essere ascoltate, magari anche per essere contrastate sul piano delle idee. E invece accade che alla Sapienza i guerriglieri fucsia decidono di impedire una libera discussione di un libro e quindi si danno da fare con zelo per rendere impossibile la discussione. Insomma, a loro giudizio, in nome dell’antifascismo, occorre impedire la libera discussione di un libro secondo un metodo che sicuramente è più fascista che democratico. Insomma, in nome dell’antifascismo si sentono titolati a utilizzare metodi che sono schiettamente quelli impiegati a suo tempo dal fascismo ove, come tutti ricorderanno, le idee non ammesse non erano discusse, confutate, ma erano semplicemente bandite come banditi erano i loro autori.
Ecco perché i guerriglieri fucsia dell’arcobaleno alla Sapienza hanno dato prova ancora una volta di un fascismo che oggi si legittima in nome dell’antifascismo. Capita poi che la polizia carichi pesantemente questi guerriglieri fucsia dell’arcobaleno, questi nuovi antifascisti che in assenza di fascismo si sentono titolati a utilizzare metodi fascisti. Ora è del tutto evidente che è sbagliata la carica pesante della polizia che, per quel che ci pare di vedere, è stata sicuramente piuttosto pesante, ma egualmente sbagliati, sia chiaro, sono i metodi squadristi delle Brigate fucsia dell’arcobaleno. Lo diciamo apertis verbis: proprio perché siamo contro il fascismo, dobbiamo contrastarne i metodi anche presso coloro i quali ritinteggiati di fucsia o di arcobaleno pensano di poter usare metodi fascisti in nome dell’antifascismo. E non si avvedono così facendo che incarnano loro stessi il metodo fascista nel tempo contemporaneo.
Detto ancor più chiaramente, le idee si contrastano con le idee. Le idee sbagliate meritano di essere discusse e criticate, non certo negate con la violenza. Insomma, il libero dibattito democratico prevede che anche le tesi più diverse dalle nostre, anche le tesi che riteniamo più sbagliate, abbiano comunque diritto di espressione, di ascolto e di confutazione. E quello che, prendendo in prestito due belle formule di Jürgen Habermas, chiameremo l’agire comunicativo e l’etica del discorso. L’agire comunicativo prevede che di fronte a una tesi che non condividiamo, anziché usare la violenza, proviamo a confutarla secondo la prassi dialogica. L’etica del discorso, per parte sua, prevede, tra l’altro, che ci si ascolti a vicenda, ci sia l’attitudine ad ascoltare anche chi propone tesi che sono quanto di più distante possa esservi dal nostro orizzonte di pensiero.
Ecco perché quello che è accaduto alla Sapienza è una pessima prova di democrazia o, se preferite, è una prova di assenza completa di democrazia. Sbagliata, ripeto, la carica della polizia, che è stata fin troppo pesante, probabilmente, ma ancor più sbagliato, se non altro perché è stato il primo movens della violenza, in termini aristotelici, il modus operandi dei guerriglieri dell’arcobaleno, che si sono sentiti in qualche modo titolati di impedire un libero dibattito e così facendo hanno finito per produrre oltretutto l’effetto opposto, hanno rinforzato le tesi di chi evidentemente avrebbero voluto contrastare. Lo dico e lo ripeto, le idee, anche quelle più sbagliate, si confutano con le idee, non certo impedendo alle idee di esprimersi. Anche perché si rischia di trasformare il nostro presunto nemico in un martire, come è accaduto in questi casi, come è accaduto ancora l’altro giorno alla Sapienza, dove le idee, anziché essere state confutate, sono state oggetto di un attacco violento che ha generato altra violenza.
Radioattività, con Diego Fusaro – Lampi del pensiero quotidiano