“Noi medici dovevamo essere messi in condizione di fare il nostro lavoro” ▷ L’appello del Dott. Roberto Festa

Il Dott. Roberto Festa, Medico di base, è stato intervistato ai nostri microfoni da Francesco Borgonovo. Si evidenzia come il fatto del reintegro del personale sanitario stia destando preoccupazione e tensione all’interno degli ambienti medici. Il Dottore si esprime in tal senso: “Non sono in tensione, anzi, mi sento sollevato”.

Durante la prima fase del Covid, Festa è stato uno dei pochi a seguire i pazienti personalmente, cosa che all’epoca era stata identificata come un surplus e/o come un’azione rischiosa: “Di imprevisti ce ne sono stati tanti ma questo è stato inaspettato, credevo che il paternalismo come sistema filosofico e prassi medica fosse abbandonato e invece l’ho visto ritornare in maniera preponderante nel rapporto medico-paziente. Non c’è stata più l’alleanza terapeutica. Tanti venivano da me perché non trovavano riscontro altrove. Si ripeteva un pò quello che si vedeva in televisione ed è stata una grande sofferenza per me dover vedere, prendere atto e gestire queste situazioni. Ho faticato ad interpretare alcune dinamiche”.

Le persone sospese sono state tante in questi due anni a causa della mancata vaccinazione, la forzatura è stata sinonimo di disoccupazione o di screditamento lavorativo e, di conseguenza, dignitoso. Continua il Dottore: “Non so come certi discorsi ancora vengano portati avanti, sono stato a un Congresso ad Ancona e il messaggio era questo. Obbligare alla vaccinazione è un fallimento della sanità pubblica. Non capisco come si faccia ancora a sostenere che la vaccinazione possa prevenire il contagio nonostante i dati”.

Si analizza di conseguenza il concetto di ‘intimidazione’ e delle pressioni che lo stesso Festa ha subito in questo lasso di tempo pandemico: “Noi medici dovevamo essere messi in condizione di fare bene il nostro lavoro, poter convincere le persone che avevano maggior bisogno di farla e quelle, al contrario, che non ne avevano bisogno di essere lasciate tranquille. Invece con questo clima terroristico che si è creato sia sulle persone che sui sanitari stessi, abbiamo avuto persone che avrebbero avuto necessità di salvaguardare la loro salute fisica. Ho fatto dei certificati di esenzione quando alcuni colleghi si vantavano di non averne fatto alcuno. In qualche caso il datore di lavoro, spesso in ambiente militare, ha voluto segnalare la cosa alle autorità sanitarie e all’ordine dei medici e ci sono state delle telefonate in cui mi veniva paventato l’intervento dei carabinieri”.

Ecco l’intervista completa.