Non bastava il clamore dell’inchiesta di Sigfrido Ranucci a far ribollire i dati pandemici, secondo cui ogni anno nelle strutture ospedaliere si registrano 15mila decessi per infezioni nosocomiali. Le malattie infettive acquisite in ospedale o in ambienti sanitari hanno portato anche durante la pandemia a un numero elevatissimo di morti. È stata calcolata e pubblicata una cifra per decessi da infezione che si aggira attorno al 40% dei decessi per Covid, ma secondo l’avv. Francesco Barucco (dello Sportello Legale Sanità) si tratta di un dato sottostimato: “Si vedrà che molti decessi in realtà non erano dovuti al Covid“.
Queste infezioni sono causate da batteri resistenti agli antibiotici e un fatto gravissimo è che “molte regioni non comunicano i dati reali“. Come ci riporta l’avvocato, “nel periodo Covid c’è stata una sovrapposizione di infezioni: le persone positive entravano all’interno delle strutture e si innescavano una serie di sovrainfezioni di questi batteri resistenti che li conducevano al decesso“.
La batterio-resistenza nasce dall’abuso di antibiotici, che vengono usati troppo spesso e male, per curare malattie per le quali non servirebbero e non sono efficaci. Agli inizi del periodo pandemico venivano usati ad esempio come terapia sperimentale, infatti: “Si dovrà riscrivere la storia dei decessi durante la pandemia, perché molti non erano dovuti al Covid ma causati da infezioni nosocomiali di batteri resistenti“. Questa vicenda, potrebbe smentire molte delle narrazioni, che sono passate durante il periodo più radicato della pandemia. L’uso smisurato degli antibiotici comporta il rafforzarsi di questi micro organismi e se non ne prendiamo atto potrebbe causare conseguenze ancor più gravi di quelle attuali.