Nel 2018 Putin mise in guardia su chi stava sviluppando armi biologiche. Un giornalista fece una domanda al presidente russo: “Sappiamo che in queste ore circolano voci non solo in Russia, ma anche in diversi paesi ai nostri confini, che gli americani stiano sviluppando delle armi biologiche proprio ai confini con la Russia, lei che cosa ne pensa?“.
Putin diede una risposta molto onesta: “Non ho ancora tutti gli elementi sufficienti per giudicare se queste informazioni sono vere o false, ma ho ricevuto una documentazione che sto analizzando, da parte dell’ex Ministro per la sicurezza nazionale georgiana” – dato che questi laboratori erano presenti secondo la documentazione sia in Ucraina che in Georgia – “ma sono documenti molto preoccupanti, perché non solo parlano dello sviluppo di armi biologiche ma di nuove tecniche utilizzate per sviluppare queste armi. La cosa che più mi spaventa è che queste armi vanno a colpire degli specifici gruppi etnici“.
Questa dichiarazione è passata inosservata ai media mainstream occidentali perché si ricollega ad un documento di un’importante organizzazione statunitense chiamata PNAC (Project for a New American Century). Lo specifico documento redatto da questa organizzazione si chiamava ‘Rebuilding American Defence‘. In questo documento scrivono, che per rilanciare l’egemonia americana nel mondo, soprattutto nel caso in cui una nuova superpotenza minacciasse la leadership statunitense, bisognava essere pronti a tutto, anche a usare armi biologiche come strumento politicamente utile. Le armi acquistano ancor più utilità se riescono a mettere come target specifici genotipi.
Chi ha redatto il documento è Robert Kagan, un neo conservatore americano, marito di Victoria Nuland. Nuland è l’eminenza grigia degli affari statunitensi in Ucraina e proprio la stessa che ha dovuto ammettere l’esistenza dei laboratori biologici in Ucraina sotto la supervisione degli Stati Uniti. Il cerchio si chiude.
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