Temo i Greci anche quando portano doni. Così diceva Laocoonte nell’Eneide di Virgilio al cospetto del cavallo di Troia donato astutamente dagli Achei sotto la guida del multiforme ingegno di Odisseo. E noi possiamo dire, sulla scorta di Laocoonte, che dobbiamo temere l’Unione europea anche quando porta apparenti doni. Dacché abbiamo ormai appreso da tempo a conoscere la reale essenza dell’Unione europea, che meglio sarebbe intendere come l’unione delle classi dominanti d’Europa in fase di organizzazione verticistica dopo il 1989, per riorganizzare appunto il Vecchio Continente in chiave ultra capitalistica a danno delle classi lavoratrici e dei ceti medi. Ed è senz’altro in questa prospettiva, che possiamo leggere una delle ultime notizie che abbiamo appreso e che ha per protagonista, giustappunto l’Unione europea.
Così leggo a tal riguardo su Affari Italiani. “Casa, l’Unione europea prepara la stretta green, ecco chi sarà costretto a ristrutturare l’UE“, scrive ancora Affari Italiani che si “Prepara una nuova direttiva anti emissioni“. Entro il 2030 tutti gli immobili dovranno avere almeno la classe energetica ‘G’.
Ebbene sì, avete capito bene. L’obiettivo è sempre quello: unire la svolta green, la cosiddetta transizione ecologica, con un nuovo modus vivendi imposto dall’alto ai cittadini europei, fingendo che sia volto a difendere la loro salute e a difendere l’ambiente.
Insomma, sempre a fin di bene. Ancora una volta gli interessi delle classi dominanti si nascondono nel loro stesso svilupparsi sotto la vernice dell’interesse del bene comune e della società tutta, magari anche dell’ambiente. E abbiamo qui, allora che si fondono virtuosamente due istanze, che sono poi due tendenze tipiche del global capitalismo, che chiedono di essere individuate separatamente, analizzate e poi colte nel loro cooperare. Abbiamo per un verso la tendenza alla green economy. È un paradosso: gli stessi che causano danni, devastazioni e distruzioni dell’ambiente e della natura in nome del profitto, sono quelli che poi fingono di voler provvedere a prendersi cura dell’ambiente, della natura, e che con solerzia distruggono. E allora si sono inventati a tal riguardo la cosiddetta green economy, che per un verso nasconde l’idea che per tutelare davvero, come sarebbe giusto fare l’ambiente e la natura, bisognerebbe cambiare modello di sviluppo e quindi uscire dal capitalismo. E per un altro verso trovano fonti rinnovabili di profitto, per così dire, generano nuovi fenomeni di business fingendo di voler prendersi cura dell’ambiente. Sì, perché dietro la green economy si agita lo spettro del profitto, ben più che la vera cura per l’ambiente. E poi, naturalmente, usano avatar opportunamente calibrati e modellati dalla civiltà dello spettacolo per propagandare la svolta green, ossia il nuovo capitalismo tinteggiato di verde.
E poi c’è la questione della casa, dacché non è certo una novità il fatto che il capitalismo miri a portar via la casa, i lavoratori e i ceti medi. Sì, perché il nuovo schiavo ideale del global capitalismo sarà senza radici e senza identità, senza territorio e senza casa. Sarà migrante, letteralmente, come dice il participio stesso. Un tempo si diceva immigrato o emigrato, ora si dice invece migrante. Ebbene, quel participio allude a un moto perpetuo, che è poi il moto perpetuo browniano nella società di mercato, in cui tutto e tutti sono condannati alla mobilitazione totale, come la chiamava Juncker, pure pedine animate, mosse, manovrate dalle logiche illogiche dello sviluppo turbo capitalistico, senza casa, senza fissa dimora, sempre pronti al movimento, sempre sradicati e sempre votati all’erranza storica.
Ecco quindi che lo schiavo ideale del futuro sarà verde e senza casa, sarà votato alla green economy e sarà migrante, non avrà più un posto fisso e non avrà più nemmeno una casa fissa. Sarà uno schiavo perennemente in movimento, convinto di tutelare l’ambiente quando una volta di più, starà solo tutelando l’interesse dei padroni.
RadioAttività, con Diego Fusaro