Inizia ufficialmente oggi, 16 gennaio 2023, il World Economic Forum, ossia il periodico consesso dei padroni del mondo, i quali, sotto lo sguardo vigile e attento di Klaus Schwab, si danno raduno periodicamente a Davos, in Svizzera, per concertare le traiettorie delle classi dominanti, ossia per organizzare, discutere e pianificare il tableau de bord del Nuovo ordine mondiale per ceti abbienti.
Ogni anno si danno raduno i padroni del mondo, i burbanzosi signori dell’economia e naturalmente gli intellettuali di completamento a guinzaglio più o meno lungo. Naturalmente i piani sono molteplici della discussione e vi sono già in partenza alcune contraddizioni che forse meritano di essere segnalate.
Una su tutte che forse ci permette di fare una fotografia istantanea sulla contraddizione stessa che il World Economic Forum rappresenta. Come ha mostrato, tra gli altri, Il Fatto Quotidiano, per raggiungere Davos si mobiliteranno più di 2000 jet privati super inquinanti. Paradosso dei paradossi, se si considera che con questi jet super inquinanti i padroni del mondo si recheranno a Davos per discutere tra gli obiettivi prioritari la tutela dell’ambiente, la lotta contro l’inquinamento, la difesa della natura e dell’ecosistema. Insomma, una fotografia perfetta della contraddizione del globalcapitalismo e delle stesse classi dominanti.
Detto altrimenti, i padroni del mondo si danno convegno a Davos per risolvere i problemi che loro stessi creano. E naturalmente la strategia è quella di far sì che questi problemi, da loro stessi soprattutto creati, vengano generosamente addossati quanto a responsabilità su tutti noi. Come a dire si radunano a Davos per discutere di come dovremo comportarci noi e cambiare la nostra vita per proteggere, secondo le loro linee guida, l’ambiente.
Come possono difendere l’ambiente coloro che per primi lo stanno devastando già da tempo? Come si può affidare la cura dell’ambiente a chi per primo lo devasta? Più di 2000 jet privati super inquinanti forse porteranno i burbanzosi padroni del mondo a discutere ai piani alti del fatto che qua sotto noi, con le nostre utilitarie, inquiniamo l’ambiente e dunque dobbiamo passare al monopattino, dobbiamo fare l’efficientamento della nostra casa entro il 2030 e dobbiamo adeguarci alla globalizzazione green. Perché proprio questo è il punto, se davvero volessimo prenderci cura dell’ambiente – e sarebbe cosa giusta e buona – dovremmo in realtà cambiare modello di sviluppo e quindi uscire dal capitalismo. Il capitalismo infatti – Heidegger docet – in quanto civiltà della tecnica, è violenza sull’esistente in quanto tale.
E dunque, se anche ritinteggiamo di verde il capitalismo, resta immutata la sua base, che è violenza sull’esistente in quanto tale, ciò che produce i disastri ambientali. Un cubo rovesciato resta pur sempre un cubo. Così un capitalismo tinteggiato di verde resta pur sempre capitalismo. Sicché per curarci dell’ambiente dobbiamo uscire dal capitalismo, ma è proprio ciò che i signori di Davos vogliono in ogni modo impedire e per questo si intestano loro stessi esclusivamente la possibilità di discutere i problemi dell’ambiente per poterli affrontare in maniera green, che significa trovare fonti alternative di profitto, fonti diverse del loro business.
Sì, perché la green economy ha questo obiettivo, soprattutto il business nascosto dietro l’interesse per l’ambiente, di modo che prevalgano sempre e solo avatar dell’ambientalismo neoliberale come Greta Thumberg e come gli altri, che l’ordine del discorso presente celebra in quanto tali.
Insomma, il World Economic Forum parte davvero in maniera contraddittoria e ci domandiamo, tra le altre cose, che cosa mangeranno al buffet di Davos apparecchiato per i burbanzosi padroni del mondo: ci saranno blatte al vapore e vermi fritti o titillevoli aragoste e inebrianti tartufi bianchi?
È una domanda apparentemente di scarso interesse, ma forse ci aiuta a capire molto.
RadioAttività, con Diego Fusaro