“Combattere l’inflazione a costo della recessione”: siete pronti a vendere cara la pelle?

Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sostiene che da Francoforte occorra un approccio prudente sull’intensità e la tempistica della cosiddetta “stretta monetaria”. Le critiche di Visco arrivano anche sulla comunicazione della BCE, che continua a lanciare messaggi troppo duri spaventando gli Stati membri piuttosto che accompagnarli. E da ex docente di comunicazione finanziaria vi dico di fare attenzione, perché la comunicazione finanziaria è già politica monetaria, quindi se tu comunichi male ottieni dei risultati peggiori.
L’Italia, secondo il capo di Bankitalia, è in grado di reggere i rialzi dei tassi usando la prudenza, ossia mantenere i conti pubblici in ordine, disavanzi ridotti e decrescenti col tempo.

Visco riconosce che un’inflazione tanto alta pone dei rischi significativi per famiglie e imprese – ma guarda un po’ – ora rallentata al 9,2% in Europa e circa 11,6% in Italia, potrà scendere senza che le nostre misure arrechino all’attività produttiva e all’occupazione danni particolarmente gravi. Questa è l’opinione di Visco, sulla quale io non concordo.
Riferendosi ad alcune dichiarazioni passate che esortavano a combattere l’inflazione anche a rischio di una lieve recessione. Ora, scusate io non riesco proprio a non commentare queste cose che scrive Il Sole 24 Ore perché, insomma, dire “combattere l’inflazione anche a rischio di una lieve recessione” quando abbiamo le imprese che chiudono, disoccupati a casa, famiglie che non arrivano a fine mese, 6 milioni di poveri in Italia, francamente mi sembra un po’ un eufemismo.

Nei giorni scorsi il il BTP decennale italiano ha chiuso con un rendimento oltre il 4% superato solo da quello greco. Insomma la situazione è tutt’altro che rosea. Questi interventi mirano a riequilibrare il dibattito perché non è scontato che aumenti ancora il costo del denaro.
La situazione è complessa, perché io credo che si stiano combattendo nell’economia due opposte fazioni nel XXI secolo. Da una parte quelli che parlano del capitalismo come se fosse un’economia ancora moderna. Poi quelli come me – 1 su 1000 – che parlano di un nuovo modello di economia che mette l’uomo e il lavoro al centro. Combattiamo l’inflazione, ma non a costo di perdere posti di lavoro. La difesa dei posti di lavoro, l’uomo, l’occupazione, la produzione, salvare le aziende è il centro del fare economico.

Se lo stampino nella testa i politici, basta ascoltare banchieri. Ascoltate gli imprenditori.

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