Il disastro è umano. E non si parla di teorie della cospirazione, o di dolo artificiale. Si parla di un aspetto che, nel complesso, abbraccia Amatrice e anche il suolo turco. Il disastro di questi giorni in Siria e nelle 10 province del sud est della Turchia che sono state colpite dal terremoto va focalizzato anche dal punto di vista delle colpe dell’uomo.
Basti pensare al caso del Giappone, tirato spesso in ballo tanto da diventare quasi un detto da bar, ma comunque una denuncia gigantesca nei confronti di chi non fa abbastanza.
Si poteva fare di più?
Facciamo un esempio. Il terremoto turco ha avuto una magnitudo di 7,5 nell’epicentro registrato nella Provincia di Kahramanmaraş: il bilancio sarà alla fine di decine di migliaia di morti. Una potenza spaventosa di certo, che avrebbe fatto danni ovunque.
Il 16 luglio del 2007, un terremoto di magnitudo 6.6, il terremoto di Chūetsu del 2007, colpì circa 29 km ad ovest di Niigata. Oltre a colpire Niigata, il sisma venne avvertito anche nelle prefetture vicine. Nella città di Kashiwazaki e nei villaggi di Iizuna e Kariwa fu registrata la più alta intensità sismica, pari al grado 6 della scala Shindo del Giappone, venendo avvertita anche a Tokyo.
I morti accertati? Furono 11, i feriti furono più di 1000. La magnitudo fu inferiore, ma non tanto da giustificare una somma di decessi imbarazzantemente più bassa.
Nel corso degli anni, il governo giapponese ha imposto precise misure di prevenzione rendendo gli edifici più resistenti ai terremoti nelle zone storicamente più colpite: dalle case costruite in legno e stoppie si è giunti alla costruzione di moderni edifici dotati di sofisticati accorgimenti tecnici che, attraverso sistemi a molle o cuscinetti, permettono alle strutture di assecondare i movimenti sussultori e ondulatori del terreno.
Tecnologie, finanziamenti, ingegneria che – forse – avrebbero evitato quei cumuli sotto la torre ora solitaria di Amatrice. Che – magari – avrebbero salvato gli oltre 6250 morti trovati finora in Turchia. “Quelle persone non avevano diritto di vivere?“
Non chiederselo, come fa Fabio Duranti a ‘Un Giorno Speciale’, non avrebbe senso. Perché spendere soldi in migliori attrezzature e case più tecnologiche si poteva e si doveva. Ecco che le vittime del sisma diventano un po’ più vittime della società.
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