Il vero artista è colui che non si vergogna dell’individuo che ha dietro. O sotto, o di fianco, fate voi. Che non scinde la sua opera dal modo in cui vive, o è vissuto fino a poco tempo prima. Un po’ come alcuni poeti dell’Ottocento, che non volevano che ci fosse alcuna soluzione di continuità tra i loro versi e la loro vita. Ma quest’ultima sarebbe probabilmente una profusione di retorica che darebbe fastidio a uno come Gianluca Grignani, che lo stesso “sé” che ha messo ogni volta nelle cose che ha scritto e cantato lo ha messo nel modo in cui è vissuto, pagando sempre il prezzo di tutti gli errori commessi, forse anche con eccessivo tasso d’interesse rappresentato dal moralismo altrui. Ecco perché giudicare è un atto sterile, che non aiuta l’uomo e non aggiunge nulla alla sua opera: perché Grignani non ha chiesto a nessun altro di pagare un solo centesimo dei suoi errori al posto suo. Come tutti gli artisti veri e lui lo è, almeno secondo chi scrive, al pubblico ha solo dato, con canzoni che ancora oggi appaiono intense e popolari al tempo stesso, con una voce naturalmente da rocker, anche in questo caso senza dover scimmiottare nessun altro. L’unico rammarico che ragionevolmente potremmo permetterci di comunicargli è quello che riguarda il tempo, tutto quel tempo in cui ci è mancata la sua produzione artistica, tutta la maturazione dell’autore autentico che già era della quale avremmo voluto godere.
Ieri il tempo lo ha chiamato in causa proprio lui, interrompendo un po’ ad arte e un po’ per necessità l’esecuzione del suo brano. Nelle sue parole, nella proporzione tra i venti e i cinquant’anni qualcuno ha preteso di vedere una “bacchettata” verso Blanco per quanto quest’ultimo aveva combinato sul palco. Con tutto il rispetto, non hanno davvero capito niente, sia perché uno come Grignani non ha mai avuto alcun interesse nel mostrarsi più saggio di qualcun altro, sia perché il messaggio velato andava esattamente in direzione opposta. Indipendentemente dal fatto che Blanco lo meriti o meno.
Ci perdonerà il lettore se lo spazio di questa rubrica, in genere destinato al “cazzeggio” sui vari siparietti del Festival, oggi lo abbiamo occupato con questa riflessione, ma in una realtà che appare preordinata, preconfezionata e prestabilita anche nelle cosiddette “sorprese”, uno come Grignani, che potremmo definire “ritornante” da un periodo della sua vita del quale deve rendere conto solo a se stesso, con i suoi fuori programma o semplicemente con il suo modo di porsi rappresenta una rara, autentica scheggia di autenticità.
PROF. PAOLO MARCACCI