Questo è solo un gioco di parole, scritto peraltro sotto ipnosi: mi sono steso sul lettino e ho fatto partire la conferenza più noiosa di Spalletti. Quale? Una a caso. Ho sperato nell’effetto DAZN ma niente da fare: proseguiva sempre. Però durante il sonno mi sono ritrovato su una panchina. A turno, mi si sedevano accanto una serie di personaggi: il primo era un pugliese, “trapiantato” a Torino. Mi chiedeva di aspettare, ma nemmeno troppo. Che avrà voluto dire? Ha anche aggiunto: devo capire se c’è da stare Allegri o no. Beh lo diceva anche la canzone: – Sempre Allegri bisogna stare… – sin dai tempi di Adani ed Eva.
O era suo fratello? Boh, vaglielo a dire a lui. Forse sarà stato un nobile, però non un Conte, perché già il pezzo è una cazzata senza questa battuta. Poi mi si è seduto accanto uno che sembrava un principe, perché ne aveva l’abito, infatti m’ha detto: “Io qua ce abito”. Ho pensato anche al Monaco, ma senza Bayern, come ai tempi del vecchio Ranieri; infatti m’ha detto: – Scatta l’operazione Peppa mia – in codice. Che codice? Forse “IBAN il terribile”, ma tanto certe cifre devo averle sognate. – Giampaolo! – ha urlato di botto un signore dall’accento toscano di (ri)passaggio, dall’aria apparentemente dimessa.
Solo apparentemente. – Gasp! – ho urlato, per lo spavento. Poi un Ringhio, in lontananza, sempre più distante. – SARRIva a ‘na honclusione, Maremma buhaiola? O devo veni’ io su codesta panchina? – mi ha urlato da lontano un signore tanto devoto. Non sapevo cosa rispondere, per fortuna qualcuno m’ha svegliato. Quanto avrò dormito? Non so, Spalletti stava ancora terminando il primo concetto, quindi molto.
Di scatto ho aperto la finestra, ho controllato le scale: nessuno in Guardiola. Solo un eco in lontananza: – Peppa, Peppa mia… -Confuso? Un Pochettino.
Paolo Marcacci