“Ci servono immigrati” così a caratteri cubitali si leggeva ieri sulla prima pagina di Repubblica, il rotocalco turbomondialista spiega che questa è la richiesta delle grandi imprese del capitale, che naturalmente non vedono l’ora di accogliere, tra virgolette, a braccia aperte nuovi arrivati, braccia a basso costo da mettere a lavorare per il nudo interesse del profitto. E infatti Repubblica, dopo aver esposto questo titolo a caratteri cubitali, spiega nel seguito del titolo “dall’industria all’agricoltura, l’appello degli imprenditori: vogliamo più stranieri. Il caso del Veneto. Il governo prepara l’ingresso dall’estero di 100 mila persone, aziende e famiglie ne chiedono il doppio“.
Insomma, abbiamo ancora una volta la voce del padrone e dei suoi ideologi. Ci servono immigrati come ci servono braccia a basso costo, braccia a basso costo da sfruttare nel lavoro e con le quali abbassare in generale i costi della forza lavoro, magari fomentando ad arte conflitti orizzontali tra lavoratori; conflitti buoni a evitare che il conflitto si ricomponga nella forma verticale del lavoro contro il capitale, del basso contro l’alto. Del resto, non è un mistero che se arriva chi fa il medesimo a 2 euro, anziché 10, anche i lavoratori dovranno abbassare i costi della loro forza lavoro per essere competitivi. Ecco perché la competitività è una categoria che andrebbe ampiamente criticata. Il capolavoro del potere, come sempre, sta nel far sì che anche chi deve opporsi all’ordine dominante lo accetti con entusiasmo.
La destra finanziaria del danaro vuole braccia a basso costo e per questo necessita dell’immigrazione di massa come emerge perfettamente dalle richieste della grande impresa a cui il rotocalco turbomondialista ieri dava voce. La sinistra del costume, per parte sua anziché difendere gli interessi del lavoro, celebra la libera circolazione delle merci e delle persone mercificate. Nel caso specifico, l’immigrazione di massa come pratica fintamente emancipativa e concretamente essenziale allo sfruttamento capitalistico. Ancora una volta, quel che la destra della finanza chiede, la sinistra del costume celebra in una perfetta divisione del lavoro. Non c’è che dire. La legge del capitale resta sempre quella già messa in luce da Carlo Marx. Trovare sempre qualcuno disposto a fare il medesimo a un prezzo più basso. La delocalizzazione e l’immigrazione di massa risultano allora le 2 leve fondamentali del global capitalismo. Esso per un verso sposta la produzione, ove convenga, cioè ove sia possibile pagare i salari più bassi e sfruttare al meglio i lavoratori.
E per un altro verso il turbo capitale propizia l’arrivo di braccia dall’africa braccia con le quali oltretutto fare concorrenza a ribasso sulla manodopera locale, anziché contrastare queste pratiche che nascondono il traffico di vite umane volta alla valorizzazione del valore. La sinistra fuga di completamento della classe neopadronale celebra l’immigrazione di massa e lo fa con categoria del tutto decontestualizzate e fumettistiche come quelle di integrazione, inclusività incontro multiculturale. Occorre, allora aver ben chiaro che l’immigrazione di massa è una sciagura sia perché è costretto a fuggire, sia per i lavoratori locali che vedono costantemente calare diritti e salari. Il nemico, ancora una volta non è chi è costretto a fuggire. Il nemico è chi costringe i popoli a fuggire. Il nemico è la destra del danaro unita alla sinistra del costume, cioè le due ali dell’aquila neoliberale.
Radio Attività con Diego Fusaro.