I bonus edilizi, come spesa pubblica, pesano direttamente nel primo anno di avvio, senza essere invece plasmati nell’arco degli anni previsti dalla detrazione.
Questo è il verdetto dell’Istat e dell’Eurostat sul calcolo dell’impatto sui conti pubblici dei crediti di imposta.
A partire dal tema molto di attualità del superbonus, l’Istat afferma che l’impatto complessivo della misura agevolativa sul deficit delle amministrazioni pubbliche è identico, sia che la stessa sia registrata come minore entrata tributaria, sia che venga annotata invece come maggiore spesa. Quello che muta, invece, è il profilo temporale di tale impatto, così come non cambia nulla sotto il profilo dell’impatto pubblico, del debito pubblico, a prescindere dalla annualità in cui si manifesta il deficit.
Tutt’ora l’Istat non si esprime in merito all’impatto positivo che questa operazione avrà sui conti dei prossimi anni.
Questa è una manna per il Governo Meloni che nel 2023 dovrebbe avere un deficit PIL più basso di poco meno di mezzo punto percentuale rispetto a quel dato programmatico del 4,5%.
Ancora meglio potrebbe andare nel 2024/2025, con un impatto stimato positivo pari a poco meno di un punto percentuale.
L’uso strumentale dello spauracchio dell’Istat e dell’Eurostat era finalizzato a trovare quindi una scusa per bloccare le cessioni, vera porta d’ingresso per consentire ai contribuenti di trasformare i crediti in liquidità.
Ed è questo il passaggio che potrà portare problemi ai flussi di cassa perché determinerà meno entrate per lo Stato e un maggiore ricorso al mercato per finanziare il fabbisogno pubblico.
Vi parlo ormai da più di un anno e mezzo di questa questione, e già all’epoca vi dissi: “Stiamo molto attenti perché sostanzialmente questo rischia di essere un boomerang per le famiglie e per le imprese“.
Perché il superbonus edilizia è stato qualche cosa che ha gonfiato il mercato e purtroppo i nodi stanno arrivando al pettine.
La cosa peggiore, secondo me, è quando il decisore pubblico, e cioè la politica, stabilisce delle leggi, delle regole, delle norme e poi le cambia in corso d’opera. Perché?
Le famiglie e le imprese prendono delle decisioni sulla base di quello che i giornali hanno detto e su quello che la politica ha fatto dire agli organi di informazione. Quindi io trovo che sia estremamente scorretto cambiare le regole del gioco in corsa, perché così si creano dei danni. Ovviamente a coloro che si sono fidati delle affermazioni che hanno letto o ascoltato.
Malvezzi Quotidiani, l’economia umanistica spiegata bene