La novità degna di nota è che adesso gli americani ci spiegano che non siamo solo una loro colonia sul piano geopolitico, come peraltro è evidente ormai da parecchi lustri. Ci spiegano che siamo una loro colonia anche sul piano culturale e perfino enogastronomico.
Proprio così. Vi sarà senz’altro capitato di leggere nei giorni scorsi l’articolo tanto discusso del Financial Times, articolo nel quale si sostiene per tabulas che la carbonara è letteralmente un’invenzione americana.
E come se non bastasse, si sostiene altresì che il vero parmigiano lo fanno nel Wisconsin.
Siamo alla follia, direte voi, peraltro con ottime ragioni.
Eppure è proprio così.
Chi non ha una storia, usa dire, se la inventa o magari prova a rubarla a chi ce l’ha.
Oltretutto l’operazione riesce meglio se a subire il furto, chiamiamolo così, è chi si trova in una posizione già di per sé sfavorevole e svantaggiata, diciamo pure di subalternità. E proprio questo è, non per caso, il rapporto che riguarda l’Italia rispetto all’America.
Dal 1945, voglio ribadire l’ovvio, l’Italia non è un alleato dell’America, bensì una colonia.
E proprio in guisa di colonia viene considerata e trattata.
Pochi si oppongono. I più tacciono.
E magari dicono pure che è a fin di bene che l’Italia è una colonia di Washington, dacché questo ci ha liberati dal nazifascismo e dunque può in eterno occupare l’Italia e trattarla alla stregua di una colonia senza dignità.
Ora, se le parole hanno ancora un senso, vera liberazione sarebbe quella di chi ci liberasse dall’invasore e poi ci restituisse le chiavi di casa. Ben altrimenti hanno agito gli americani che hanno cacciato, è vero, l’invasore nazifascista, ma poi si sono insediati loro nel paese, e quindi più che di liberazione si tratta a tutti gli effetti di rioccupazione.
Oltretutto vi sono quelli che, fenomeni e geni assoluti come Riotta, su Twitter si prodigano a dire che è proprio così, che effettivamente a tavola le grandi tradizioni italiane sono in realtà invenzioni dell’America.
E magari aggiungono anche un bel “guys” per apparire più cosmopoliti e meno legati all’Italia.
Come del resto lo spirito del global capitalismo richiede.
Testuali le parole di Gianni Riotta “quel che mio padre diceva e che ciascuno di noi sa, ma non dice: la tradizione enogastronomica italiana, come tutte le tradizioni, è stata creata, in buona parte, sorry guys, in America“.
Queste le parole ripeto del giornalista Gianni Riotta sulla sua pagina Twitter, sul cinguettatore.
Un sempre geniale, vorrei dire, Gianni Riotta, in accordo con il quale la tradizione enogastronomica italiana è davvero un’invenzione americana. Anzi, testualmente, “tutte le tradizioni” lo sono.
Resta da capire se tutte le tradizioni italiane o tutte le tradizioni del mondo: non ci stupiremmo se, dato il grado di subalternità atlantista, Gianni Riotta si avventurasse a dire che tutte le tradizioni al mondo sono in quanto tali nate a Washington.
Questo è il livello generale in forza del quale l’Italia si sente colonia, oltre a esserlo realmente sul piano geopolitico, anche sul piano culturale e perfino enogastronomico, riconosce ormai apertamente la propria subalternità rispetto agli USA, a tal punto da ammettere di buon grado che Washington possa dire addirittura, come ha detto, che perfino la carbonara è un’invenzione americana e il parmigiano vero si produce nel Wisconsin.
Davvero vi sarebbe da ridere se solo non vi fosse da piangere.
RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro