Eureka!
Da qualche giorno in toni trionfalistici è stata annunciata la cura contro il cancro. Cura per modo di dire perché, anzi, si tratta di un rimedio con cui avremmo avuto a che fare nei tre anni recenti.
Lo scrivono già in pompa magna l’infettivologo Bassetti (“e ora cosa diranno i no brain“), il giornalista David Parenzo (“cosa faranno i no vax“?) a cui sotto i rispettivi profili qualcuno fa già notare che il cancro non ha diffusione aerea.
La notizia prende il la dall’intervista dello chief medical officer di Moderna al Guardian, cui è seguito un ottimismo generale nonostante si parli esplicitamente di trial – quindi sperimentazioni – seppur “promettenti“. A pensare male si potrebbe sostenere che si stia facendo leva sulla parola “vaccino”, comunemente collegata a un significato positivo, per fare pubblicità, ma le malelingue dovranno fare i conti con gli esperti. Quali?
Sia quelli che in toni trionfalistici oggi annunciano la cura contro cancro, infarto e altre patologie, come quelle autoimmuni, sia – verosimilmente – quelli che si sono ritrovati galileianamente davanti all’inquisizione contro le presunte fake news nel biennio covidiano.
Ecco perché abbiamo chiesto un primissimo parere all’endocrinologo Giovanni Frajese: “Sentivo la notizia alla radio, e l’entusiasmo di una conduttrice che esortava l’esperta a non risposare e lavorare giorno e notte per trovare la cura contro il cancro. La dottoressa rispondeva che in realtà non si sta parlando di vaccini che prevengono, ma di terapie specifiche “personalizzate”, perché l’idea sarebbe quella di andare a prendere il tumore particolare e cercare di sviluppare gli anticorpi“.
Ma il rebus da sfatare è un altro: “La parola vaccino sta lì perché? Perché sono RNA dentro nanolipidi. E siccome a noi li hanno spacciati per vaccino, non è che possono dire che hanno trovato la terapia genica – non il vaccino – contro i tumori. La gente è stata portata in un campo di illusione completa nel quale evidentemente continuano a vivere“.