Parliamo di cose infami e infamanti. Testi che nascondono comportamenti infami, infamanti per tutti noi in quanto italiani. Parliamo dei manifesti divenuti tristemente noti su internet comparsi a Varese, a Bergamo, e in altre piazze e cittadine lombarde la cui popolazione dovrebbe sentirsi offesa in toto.
Manifesti atti a inibire i festeggiamenti dei tifosi del Napoli in quelle città. “Pulcinella fai schifo”, conclude quello comparso a Bergamo, ma riconosciamo anche in quello di Varese i caratteri gotici, la cui matrice è chiaramente collocabile ideologicamente.
Non sempre chi ha le ideologie e pensa di manifestarle ha, poi, anche le idee. Il grano salis.
Dovremmo sentirci tutti offesi come italiani per quanto accaduto.
“Io non mi sento italiano”, cantava Gaber. Di fronte a questo non mi ci sento. Detto da uno che non può certamente essere definito un tifoso del Napoli, ma certamente un ammiratore forse anche invidioso, l’inciampo con la Salernitana non è nemmeno così negativo. E’ un dilatarsi dell’attesa, della gioia, di quello che secondo Leopardi è una parte della gioia stessa: l’attesa del piacere.
Viviamo in un Paese criticabile sotto tanti punti di vista.
Non possiamo essere fieri dei nostri comportamenti, e questo è uno dei casi. Non possiamo essere fieri del nostro senso civico, e ne abbiamo una riprova quotidiana.
Non possiamo essere fieri di chi ci amministra, dei vari governi che si sono succeduti, che – quando è andata bene – sono stati incompetenti; altre volte sono stati corrotti e legati a doppio filo al malaffare.
Ma allora di cosa possiamo essere orgogliosi nel momento presente? Delle nostre bellezze.
Non soltanto panoramiche, architettoniche, paesaggistiche, naturalistiche, artistiche. C’è un’altra bellezza che è il multiforme caleidoscopio delle nostre influenze culturali, spalmate nel nostro Paese da nord a sud. Le contaminazioni che rendono uniche le nostre città, differenti nella loro unicità e tutte livellate su un profilo altissimo di bellezza.
Lo sanno meglio all’estero che da noi quanto siamo ricchi per le nostre tradizioni, per il nostro difforme folklore, spalmato su questo stivale che è tanto meraviglioso quanto spesso ci fa incazzare.
Se capissimo questo, se dessimo al campanilismo questa accezione positiva e fossimo orgogliosi non solo del luogo che abitiamo, piccolo o grande che sia, faremmo uno scatto – civico e civile – enorme.
Ci ritroviamo invece a discutere di queste cose che non si può neppure dire “da Medioevo”. No. Perché per tanti aspetti il Medioevo fu un’epoca di grande civiltà, di grande profondità. Ci ha dato Dante, ci ha dato Petrarca, parlando dei soli autori letterari senza citare personaggi storici come Carlo Magno. E poi ci ha dato anche rivalità aspre, ma non idiote.
Non ci avrebbe dato questi volantini schifosi, tanto per cominciare.
Giusto un appello ai sindaci di queste città: perché non prendere le distanze pubblicamente?
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