Da qualche giorno si discute del tema della pasta. Il prezzo della pasta non diminuisce, a fronte di consistenti cali del costo del grano duro, essenziale materia dalla quale poi viene prodotta. C’è un bene intermedio tra la pasta e il grano duro, ossia la semola che condiziona i costi dei pastifici. Il grano duro è un bene che per sua natura non si può comprare ogni giorno perché i mulini si approvvigionano sui mercati nazionali e internazionali con largo anticipo rispetto all’effettivo momento di consumo della materia prima. Cosa accade quando il prezzo di questa materia prima aumenta anche in misura molto rilevante, come accaduto a partire dall’estate del 2021?
Infatti ci vuole un po’ di tempo per comprendere se un aumento di costo è transitorio e quindi procedere al ritocco dei listini, che è un’operazione sempre lenta. A fine aprile 2023 il prezzo medio del grano è sostanzialmente tornato ai livelli di fine luglio 2021, quando era partita l’impennata dei prezzi. Ma qual è il problema? È che ovviamente, i prezzi adesso non scendono più. Perché? Perché ovviamente, una volta che il consumatore si è abituato ai nuovi prezzi, l’offerente non non li abbassa più. L’esperienza relativa ad altre fiammate rialziste del passato ci porta tuttavia a ipotizzare che se il prezzo del grano restasse su questi livelli o scendesse ulteriormente, le dinamiche concorrenziali del mercato della pasta si metterebbero all’opera e anche il prezzo della pasta scenderebbe. Speriamo che queste previsioni si avverino, perché veramente mi sembra che stiamo andando a colpire i più deboli, i più poveri, gli ultimi dell’economia.
Malvezzi Quotidiani