È vero, si trattava di un decreto del 1928. E da allora sono passati anni, mode, idee, governi, regimi e teorie educative. Tutto vero, sta di fatto che le note (di biasimo) e le sospensioni sono state abolite per tutto il ciclo delle scuole elementari. Così, a doversi comportare bene per obbligo, è stato osservato, dovranno essere solo gli insegnanti. Battute a parte ci sono pedagogisti, presidi, insegnanti commentatori che approvano e altri che invece non sono d’accordo.
Diciamo subito che in un’epoca in cui i ragazzi sono sempre più turbolenti, dove il rispetto per chi sta in cattedra tocca i livelli minimi (è di due giorni orsono l’ennesima aggressione di un genitore, una madre stavolta, a un’insegnate che si era permessa di punire un’allieva indisciplinata) forse si tratta di un provvedimento ottimista all’eccesso.
In una scuola dove la disciplina, l’educazione, il rispetto, l’obbedienza sono ridotti a poca cosa sperare in generazioni di ragazzini che non abbiano mai nessun minimo bisogno di essere corretti pare abbastanza improbabile. Come certamente improbabile è contare sull’appoggio dei genitori, quando tutti gli episodi di cronaca degli ultimi anni sono lì a dimostrarci il contrario, con padri e madri che mettono le mani addosso ai professori che si sono permessi di dare un brutto voto ai loro pargoli peraltro sempre più ignoranti. Con padri avvocati che addirittura denunciano l’insegnante che ha osato punire il loro insopportabile figliolo (quale magnifico esempio educativo da parte di simili genitori!).
Diciamola tutta. Per quello che sappiamo, che abbiamo visto come genitori e, in tempi lontani, come insegnanti il provvedimento ci pare, più che buonista, suicida. E l’avere aggiunto il ritorno dell’insegnamento dell’educazione civica come palliativo e metodo di educazione ci sembra involontariamente umoristico. Come ormai tragicamente ridicola appare tutta la scuola italiana, salvo le solite eccezioni dovute non al legislatore ma alla volontà, al carisma, alla capacità di pochi insegnanti veri, bravi e innamorati della loro missione sempre più difficile, sempre più inutile, sempre meno compresa, sempre meno socialmente apprezzata.
Marco Guidi