Viviamo una società sempre più complessa, nella quale quotidianamente veniamo spinti verso un modo fatto di più algoritmi, schermi, incontri digitali e sempre meno momenti in presenza. In un panorama del genere vediamo sempre più spesso messe in pericolo le nostre libertà fondamentali. Queste due nuove caratteristiche dell’era moderna hanno subito una accelerazione durante gli anni della pandemia, siamo quindi nella condizione di doverci riappropriare di alcune “normalità”.
Per Vanni Frajese tutto parte comunque dalla difesa della libertà propria e altrui: “Il punto che non è chiaro è che c’è i lupi, a differenza delle pecore, sono disposti a morire per le loro idee. Non hanno nessun problema a morire perché si muore per la libertà. Non è che si vive perdendo la libertà. Questo determina fondamentalmente chi tu sei. E noi siamo pronti a morire anche per la libertà altrui, non solo per la nostra. La mia prova a toccarla e vedi che succede“.
Tra i responsabili di questa situazione secondo Alessandro Meluzzi ci sono anche i rappresentanti di una classe politica che rispetto a quella del passato ha perso in autorevolezza e spessore culturale: “Noi non siamo televisori, non siamo algoritmi, non siamo computer, siamo fatti di un’energia sottile. I vecchi comunisti da Gramsci a Togliatti in avanti. I vecchi democristiani come Andreotti, come De Mita, come Cossiga, come tanti altri e i vecchi socialisti come Craxi conoscevano queste cose. Non a caso la loro classe dirigente è stata spazzata via dagli uomini degli algoritmi, perché erano troppo profondi e troppo ricchi all’interno. Infatti sono stati coperti di contumelie, gli hanno tirato le monetine, sono stati arrestati, sono stati uccisi come Moro. Però avevano uno spessore culturale che questa classe dirigente, con buona pace di Giorgia Meloni non ha“.