È morto ieri Silvio Berlusconi. Con la sua morte se ne va indubbiamente un pezzo non trascurabile della storia italiana. Quale che sia il giudizio che vogliamo prospettare sul piano politico, Berlusconi ha rappresentato il passaggio decisivo di assestamento, dalla Prima alla Seconda Repubblica, con annesso il trionfo della ragione neoliberale e ridefinizione dello Stato come impresa capitalistica privatizzata ove era sospettato di comunismo, chiunque osasse ventilare l’ipotesi del ripristino dei diritti sociali e del welfare state. Sul piano geopolitico Berlusconi è stato indubbiamente migliore di molti altri. Ha garantito all’Italia rapporti parzialmente buoni con la Russia e con la Libia, risultando incommensurabilmente superiore ai vari caudillos atlantisti venuti dopo di lui e tuttora sulla plancia di comando. Sul piano antropologico morale, poi, Silvio Berlusconi ha rappresentato, come intuì Mario Perniola, la perfetta incarnazione dei principi del 68. Tutto è possibile, godiamo illimitatamente. La legge va abbattuta. Nel 2011 Silvio Berlusconi venne deposto da un vero e proprio colpo di stato finanziario made in European Union e fu il solo momento in cui ci sentimmo berlusconiani. Da quel momento Berlusconi, quasi vittima di una sindrome di Stoccolma, prese ad amare i suoi nemici e si fece vettore dell’europeismo dell’euro più gretto e più subalterno, che fino a quel momento pure aveva con coraggio combattuto. La sua presenza sulla scena politica. Va detto, ha tenuto in ostaggio l’Italia per vent’anni, spaccando il campo nei due schieramenti opposti dei berlusconiani e antiberlusconiani. Ha rappresentato e guidato la metamorfosi della destra storica in destra, neoliberale e bluette, ma ha altresì favorito la metamorfosi della sinistra in sinistra fucsia, antiberlusconiana, in un totale oscuramento della questione sociale che è stata sostituita dall’odio left oriented contro il Cavaliere.
Quasi come se per la neo sinistra la contraddizione non fosse più il sistema capitalistico, ma il cavaliere Silvio Berlusconi come persona unica e irripetibile di quei vent’anni. Il giudizio può essere così sintetizzato. Peggio del berlusconismo poteva esserci solo l’antiberlusconismo. Sul piano mediatico Berlusconi ha introdotto il modello pestilenziale della tv trash, della deregolamentazione integrale dell’immaginario in senso consumista, con svestimento dei corpi femminili e copertura con abiti firmati dei corpi maschili. Quel paradigma sia dapprima affiancato a quello della tv pubblica e poi lo ha sostituito, costringendo la tv pubblica stessa ad adattarsi ad esso. Silvio Berlusconi ha inventato il modello della tele politica, guidando gli elettori dal salotto alla cabina elettorale. Non più grandi ideali, ma slogan immediati e immagini rassicuranti. La politica odierna dei social network è solo un’evoluzione peggiorativa, se mai è possibile, di quel paradigma. Silvio Berlusconi ha sempre cercato il contatto con il popolo per semplici ragioni, va detto, di populistico consenso alle proprie politiche di classe. In ciò, in effetti, egli si differenzia notevolmente dalla politica demo fobica contemporanea, quella che ostenta apertamente il proprio disprezzo verso il popolo. Berlusconi, il popolo mostrava di amarlo dacché il popolo era dopotutto la sua fonte di legittimazione politica. I tecnocrati venuti dopo di lui non ne hanno bisogno, giacché traggono altrove la propria legittimazione. Insomma, davvero con Berlusconi si chiude un’era e se ne apre un’altra, non sicuramente migliore della precedente. E lo diciamo non certo per glorificare l’epoca berlusconiana, ma per mostrare consapevolezza rispetto ai tempi di acque basse che stiamo vivendo.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano