E adesso apprendiamo come ultimissima novità, che il pensiero unico, oltre che politicamente corretto è anche numericamente corretto. Si sta infatti molto discutendo con posizioni diversificate, intorno alla surreale decisione di ritirare il numero 88, rendendo impossibile il suo impiego. Sulle magliette calcistiche trovate la notizia su tutti i principali e più venduti quotidiani d’Italia. La notizia dice che il numero 88 non potrà più essere utilizzato nelle squadre di calcio, ove finora era stato talvolta impiegato come numero tra i tanti. Qual è il motivo, dunque, di questa improvvisa damnatio di quello che a tutta prima sembrerebbe essere un innocuo numero come tutti gli altri, scevro evidentemente di colpe e di responsabilità? Ebbene, la polizia del pensiero e gli armigeri della forma mentis egemonica al tempo del global capitalismo hanno scoperto, udite udite, che l’88 può essere inteso come un obliquo rinvio al nazismo. Sì, perché il nazismo aveva valorizzato per ragioni ideologiche il numero 88, che anzi, da un certo punto di vista viene ora precisato è il numero par excellence del nazionalsocialismo. Dunque la soluzione proposta senza ambagi dalla polizia del pensiero è di ritirare completamente dalla circolazione il n. 88, quasi come se esso dovesse necessariamente e inequivocabilmente essere sempre comunque abbinato alla follia nazista. Insomma, siamo alle solite il pensiero unico politicamente e ormai anche numericamente corretto, vuole cancellare tutto ciò che vagamente sia sospetto di non essere inquadrabile nella sua logica di riproduzione.
Paradossalmente, dunque, nemmeno più i numeri sono al sicuro se il nemico continua a vincere, parafrasando Walter Benjamin, e a furia di cancellare senza pietà il passato e di rimuovere a discrezione tutto ciò che appaia disorganico rispetto alle logiche illogiche del presente compiutamente reificato, presto non sarà più possibile letteralmente dire e pensare nulla, forse nemmeno più sarà possibile contare se verranno resi impraticabili gli stessi numeri. E questo accadrà perché tutto sarà stato vietato e additato come psicoreato. E così apparirà una volta per tutte chiaro come il pensiero unico in realtà sia un non pensiero. Il pensiero unico è un non pensiero, dacché si fonda sulla neutralizzazione stessa di ogni pensiero possibile, acciocché prevalga l’unico modo di pensare legittimo, che dunque, per definizione, non è più un modo di pensare, ma è un’imposizione voluta dall’ordine simbolico dominante. Insomma, dovremmo ormai averlo inteso l’epoca presente che si celebra e si autorappresenta glorificando, così come il trionfo della libertà finisce in ultima istanza per essere quella che ha demolito la libertà stessa di pensare. Il tutto, naturalmente, in nome della sempre evocata libertà e della sempre egualmente evocata lotta contro tutte le discriminazioni. Paradossi evidenti del pensiero unico, politicamente numericamente corretto, che per difendere la libertà finisce per sopprimerla. Che per tutelare il pensiero finisce per annientarlo. Nulla di più paradossale, direte voi, giustamente. E questa in effetti è la situazione illogica nella quale ci troviamo, nostro malgrado, a vivere. Se fosse ancora in vita Amleto, il principe di Danimarca, potrebbe ragionevolmente dire che vi è del metodo in questa follia.
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