Oggi parliamo di cultura legata ad iniziative umanitarie. Infatti due famosi siti archeologici, quello di Pompei nella mia bella Napoli e quello di Gerace in Giordania, hanno gemellato per fare da sfondo al racconto del destino di migliaia di siriani costretti a vivere nei campi profughi e costretti alla diaspora in Giordania a causa della guerra. Una guerra fin troppo dimenticata. L’ucraina, infatti, ha monopolizzato totalmente l’attenzione mediatica negli ultimi due anni, ma non dimentichiamo mai che nel mondo ci sono altre guerre. Ci sono altri profughi, non meno importanti eppure totalmente abbandonati a se stessi. Ad accendere un riflettore, invece, anche su di loro ci ha pensato nuovamente il progetto Le vie dell’amicizia del Ravenna Festival. Dopo averlo fatto in passato, già su Sarajevo, altra guerra totalmente dimenticata, altra guerra che l’Occidente ha interesse a dimenticare, perché lì gli aggressori eravamo anche noi. Bene, il concetto che accompagna l’iniziativa è quello dell’immenso Riccardo Muti, che definisce la musica in quel contesto, il linguaggio universale, strumento di contaminazione tra culture. Infatti c’è la musica classica italiana che incontra quella tradizionale siriana ed il suo canto di dolore attraverso la parola e le voci dei suoi artisti. Un omaggio, ovviamente, anche all’impegno umanitario della Giordania. L’iniziativa, come vi dicevo, si è conclusa ieri a Pompei, dopo la tappa di Ravenna e dopo la tappa di Gerace in Giordania. Ma la via dell’amicizia, soprattutto quella tra i popoli di Oriente e Occidente, non dobbiamo mai smettere di percorrerla.
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