I lanzichenecchi sul treno. Sostiene di averli incontrati sul convoglio diretto a Foggia Alain Elkann, rigorosamente in prima classe, con Proust alla mano. Lo racconta in un surreale articolo di La Repubblica, rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico. Un articolo che trasuda classismo da ogni rigo: un articolo che, quanto a disprezzo verso i ceti popolari, sembra tratto dai romanzi di Dickens e uscito direttamente dai tempi in cui Engels scriveva “La condizione della classe lavoratrice in Inghilterra”.
In sostanza, il padroncino dai nobili modi e dalla visione global-liberista stava viaggiando in direzione Foggia quando il suo itinerario è stato disturbato da giovani che vengono descritti quasi come plebei, con deciso stupore del viandante che si è trovato di fianco a strati sociali che avrebbero a suo giudizio dovuto essere altrove, a debita distanza rispetto a chi è nato sotto un altro cielo e per altri e più alti destini. Lanzichenecchi, appunto: barbari indesiderati.
Aveva ragione Sanguineti, allorché diceva che loro, i padroni, ci disprezzano. E non fanno nulla per nascondere il loro odio di classe dall’alto.
Messi in fila, gli episodi sono molteplici negli ultimi anni. Ricordate quando Hollande definì sdentati gli abitatori delle periferie parigine? E quando la Clinton appellò l’America che votava Trump una “cesta di deplorevoli”? Ebbene, ora si aggiunge anche Elkann, con il suo patrizio incontro ravvicinato con i lanzichenecchi. Scene di ordinario classismo.
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