“Ecoansia” ha tutta l’aria di essere la nuova categoria della neolingua che ci accompagnerà per i prossimi mesi, se non per i prossimi anni. Ma procediamo con ordine. La categoria di nuovo conio di ecoansia è stata resa celebre nei giorni precedenti da una ragazza, tale Giorgia, che si è messa a piangere al cospetto del ministro Pichetto Fratin, il quale a sua volta, sentendo Giorgia che si lagnava dicendosi affetta da ecoansia, si è a propria volta commosso al cospetto della ragazza vittima di tale malattia.
Una scena surreale che direi fotografa perfettamente i tempi assurdi e più precisamente tragici ma non seri, che stiamo, nostro malgrado vivendo sulla nostra pelle.
I giovani avrebbero tutte le sacrosante ragioni per protestare contro l’ordine neoliberale, l’ordine del lavoro precario e della disuguaglianza, dello sfruttamento e della mortificazione quotidiana del mondo della vita.
E invece accettano tutto con rassegnazione depressiva, quando non direttamente, con ebete euforia.
Ciò che li preoccupa è invece l’ecoansia, e ciò s’intende grazie all’ordine del discorso martellante che seguita a spostare l’attenzione su emergenze funzionali all’ordine neoliberale. D’altro canto, come ci ricorda Platone, la situazione ideale per chi comanda è che i prigionieri della caligine e umbratile caverna, anziché insorgere, amino le proprie catene e siano disposti a battersi unicamente in difesa di suddette catene.
Ora la neolingua orwelliana ci segnala come il modo migliore per controllare gli schiavi sia quello di dominarli mentalmente, fare in modo che amino le proprie catene e che si orientino con mappe buone solo a garantire il dominio dei gruppi egemonici.
Ebbene, la neolingua, così in “1984” di Orwell, è l’unica lingua al mondo che ci dispensi dal pensare.
E infatti procede a pieno regime con termini, lemmi, parole e categorie che di fatto non hanno l’obiettivo di favorire lo sviluppo del libero pensiero, ma, al contrario, di atrofizzare e devitalizzarlo in partenza accioché grazie alle categorie della neolingua, si imponga un unico modo di pensare, coincidente a tutti gli effetti con il pensiero unico politicamente corretto ed eticamente corrotto.
Per quel che concerne la categoria di ecoansia vale naturalmente ciò che si è detto testé a proposito della neolingua, e in particolare la tematica fondamentale su cui si innesta la questione dell’ecoansia riguarda l’ambiente, la questione ambientale e climatica, che è uno dei punti salienti, come sappiamo, del nuovo ordine global liberista che utilizza l’emergenza climatica per imporre politiche funzionali al riscaldamento dell’ordine neoliberale e che di fatto utilizza poi la green economy come strategia per potenziare il profitto verde dei gruppi dominanti. Insomma, ci troviamo al cospetto di una categoria della neolingua buona a rinsaldare il dominio dei gruppi dominanti e a far valere il dispositivo securitario neoliberale, quello che impiega l’emergenza come arte di governo per imporre misure che senza l’emergenza faticherebbero a imporsi per scavalcare le democrazie e per governare mediante la paura e l’emergenza.
L’ecoansia dice esattamente questo: una paura, un terrore, un’ansia legata alla questione ambientale.
Un’ansia in grazia della quale i sudditi saranno disposti ad accettare tutto, letteralmente, pur di vedersi garantita, almeno retoricamente, la sicurezza al cospetto del cambiamento climatico, continuamente evocato dalla neolingua liberale, addomesticata e funzionale ai rapporti di forza.
Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro